Il suono dell'universo.

mercoledì 29 agosto 2012

L’Italia converte il debito con l'Ecuador a favore dello Yasuni

           
Parco dello Yasuni in Ecuador
QUITO\aise\ - 25/06/2012 -  È stato firmato venerdì scorso dall’Ambasciatore d’Italia a Quito, Gianni Piccato, e dal Ministro degli Esteri dell’Ecuador, Ricardo Patino, l'Accordo di Conversione del Debito a favore dell'ambiente e per l'iniziativa "Yasuni-ITT".
La cerimonia si è tenuta nei saloni della Cancelleria ecuadoriana alla presenza, in qualità di testimoni di onore, del Ministro Coordinatore del Patrimonio, Maria Fernanda Espinosa, del Vice Ministro dell'Ambiente, Mercy Bordor, del Vice Ministro per gli Affari Esteri, Marco Albuja, del Coordinatore Generale dell'Iniziativa Yasuni-ITT Juan Carlos Castrillon, e di alcuni alti dirigenti dei Ministeri coinvolti nel progetto (Esteri, Ambiente, Patrimonio e Finanze).
Con l’apporto previsto, pari a 35 milioni di euro che l’Ecuador verserà nelle casse del Trust Fund istituito presso l’UNDP per amministrare l’iniziativa, l’Italia si è così convertita nel principale sostenitore del fidecommisso per il progetto ambientale “Yasuni-ITT”.
Con il Progetto, concepito per evitare lo sfruttamento petrolifero nell’omonimo parco nazionale ecuadoriano dichiarato Riserva della Biosfera dall’Unesco nel 1989, l’Ecuador si impegna a mantenere a tempo indefinito nel sottosuolo le riserve di petrolio del Parco Nazionale Yasuni, uno dei luoghi con maggior ricchezza di biodiversità del pianeta, in cambio di un contributo internazionale equivalente alla metà del valore economico dei giacimenti, stimati complessivamente in oltre 7 miliardi di dollari.
In un breve intervento a conclusione della cerimonia, il Ministro Patino, nell'esprimere sentimenti di "riconoscenza, gratitudine, fiducia ed amicizia" del Governo ecuadoriano verso l'Italia, ha ribadito che le risorse derivanti dall'Accordo verranno utilizzate per la realizzazione di progetti di fondamentale importanza per lo sviluppo sostenibile del popolo ecuadoriano, in particolare in settori legati alla preservazione e tutela ambientale.


Abitanti del parco Yasuni
http://it.peacereporter.net/articolo/9029/Petrolio,+l'offensiva+di+Correa
"La iniziativa Yasuni-ITT - ha proseguito Patino – non solo beneficerà le popolazioni locali ed amazzoniche, ma l'umanità nel suo complesso, costituendo un sostegno ed uno strumento importante alla decisione del Governo ecuadoriano di non sfruttare le risorse petrolifere esistenti nella riserva naturale oggetto dell'iniziativa".
Il Ministro ha infine concluso auspicando che altri Paesi del mondo decidano di seguire l'esempio fornito dall'Italia, "in modo da rendere effettivo l'avvio e la realizzazione di un'iniziativa tanto innovatrice".
Nella sua risposta, l’Ambasciatore Piccato non ha mancato di valorizzare l'impegno del nostro Paese verso il popolo ecuadoriano, a conferma del ruolo cruciale e prioritario che l'Ecuador, anche alla luce delle Linee Direttrici per la Cooperazione 2011-2013, mantiene nel settore della cooperazione allo sviluppo.
In particolare, ha proseguito il diplomatico, il sostegno all'Iniziativa "Yasuni-ITT" risulta caratterizzarsi per un obiettivo comune: la riduzione della povertà ed il sostegno ad un percorso verso uno sviluppo ambientale socialmente sostenibile in una Regione, quale è l'America Latina, tradizionalmente considerata vicina all'Italia a causa di forti e consolidate relazioni storiche, etniche e culturali. Nel concludere, Piccato ha voluto sottolineare la speranza, anche da parte italiana, a che l'Accordo - frutto di un articolato negoziato e della disponibilità e sintonia tra le Parti - possa essere di esempio per una comunità internazionale sempre più consapevole dell'importanza dei temi ambientali al fine di garantire uno sviluppo sostenibile ed equo. (aise)

lunedì 27 agosto 2012

Etnocidio: un gruppo europeo rade al suolo una foresta abitata da indios non contattati in Paraguay.


di Pratap Chatterjee, CorpWatch Blog
27 Agosto 2012

Il Grupo San Jose, una società di costruzione spagnola, è stato accusato di aver raso al suolo la foresta in cui vivono gli Ayoreo, una delle tribù non ancora contattate ultima in Amazzonia. La comunità indigena vive nelle foreste del Chaco, una zona semi-arida in Paraguay settentrionale non lontano dal confine con il Brasile e la Bolivia.

Alla fine di luglio, funzionari forestali paraguaiani hanno catturato operai della Carlos Casado SA perché stavano radendo al suolo il manto forestale, costruendo edifici e serbatoi e montando recinzioni di fil di ferro" sulle terre che notoriamente abitano i Totobiegosode, un  sottogruppo degli Ayoreo. La scoperta è stata confermata da una lettera che il Ministero dell'ambiente ha inviato a
Organizacion Payipie Ichadie Totobiegosode ((OPIT)) all’impresa paraguaiana

Carlos Casado SA, una filiale di rancher del Grupo San Jose. Il Presidente della Carlos Casado e del Grupo San Jose è Jacinto Rey González, che è anche l'azionista di controllo di Grupo San Jose.

"È scioccante scoprire che una delle più grandi aziende della Spagna è coinvolta in comportamenti così scandalosi. Forse hanno pensato che siccome questi fatti stiano accadendo in un angolo sperduto del Sud America, nessuno li avrebbe notati," dice Stephen Corry, direttore di Survival International, un'ONG con sede nel Regno Unito, in un comunicato stampa. «Ma se continuano,
saranno direttamente responsabili per la distruzione delle terre ancestrali degli Ayoreo – in flagrante violazione delle leggi del Paraguay e di quelle internazionali».

Gli Ayoreo sono una comunità nomade che caccia maiali selvatici e grandi testuggini. Vivono in piccole comunità di tre o quattro famiglie e ignorano il mondo esterno. Il primo contatto con loro è stato stabilito dagli agricoltori mennonita negli anni tra il 1940 e il 1950, seguiti dalla missione Nuova Tribù - un gruppo di evangelici della Florida che tentano di diffondere la Bibbia attraverso la  traduzione in altre lingue – e che pagarono dei cacciatori di uomini allo scopo di rintracciare gli Ayoreo nel 1979 e il 1986.




Quasi 70 anni più tardi, alcuni membri della tribù sono riusciti a eludere tutti i contatti con il mondo esterno e gli ambientalisti sostengono che l'isolamento deve essere mantenuto. Uno dei motivi principali è che queste tribù mancano di immunità alle malattie e dunque potrebbero morire per il contagio di morbi comuni altrove.

Donna Ayoreo scacciata dalle terre ancestrali

Questo isolamento è stato minacciato negli ultimi anni da quando tre aziende brasiliane hanno iniziato ad occupare terre ed avviare allevamenti: BBC SA, SA di River Plate e Yaguarete Porá SA. Survival è stato in grado di individuare due società che operano il disboscamento illegale della foresta, utilizzando immagini satellitari.

Guyra, un gruppo ambientalista ad Asunción, stima che circa 1,30 milioni ettari di foresta del Chaco siano state cancellate negli ultimi due anni, per far posto ad allevamenti di bestiame. Su http://www.Guyra.org.py/index.php/Reportes-de-Cambios-de-uso-de-la-Tierra-del-Gran-Chaco-l’americano Lucas Bessaire, un antropologo statunitense ha raccontato al New York Times che il tasso di deforestazione è stato così rapido che anche durante il giorno, il cielo si trasforma "grigio twilight" per via degli incendi boschivi. "Ci si sveglia con il gusto di ceneri e uno strato sottile bianco sulla lingua," ha detto.

Oggi gli agricoltori mennoniti e gli allevatori brasiliani hanno convertito vaste aree della regione del Chaco. Gli Ayoreo sfollati vivono in povertà alla periferia delle città  e dormono sotto tende ricavate da sacchetti di plastica all’ombra degli alberi.

"Stiamo assistendo ad un etnocidio in azione," dicono Gladys Casaccia e Jorge Vera di Gente, Ambiente e Territorio (GAT), un'ONG paraguaiana che sostiene le iniziative ambientali in favore delle popolazioni indigene del Chaco. 'Questo crimine è una tragedia umana, motivo di imbarazzo per il Paraguay agli occhi del mondo – e si fermerà solo se i responsabili saranno catturati e puniti.

"Il Paraguay già ha il triste primato di essere un campione della deforestazione," dice José Luis Casaccia, ex ministro dell’ambiente, al New York Times. "Se continuiamo con questa follia, quasi tutte le foreste del Chaco potrebbero essere distrutte entro 30 anni."


Traduzione: Chiara Madaro
Foto: http://avvenimentimilitariestorici.over-blog.it/article-33518700.html
http://www.survivalinternational.org/news/7547
 

sabato 18 agosto 2012

Storico incontro tra contadini e indigeni in Brasile.


di Chiara Madaro

La questione agraria rimane ancora oggi una delle questioni più spinose in Brasile. Per la terra si muore, si viene uccisi e perseguitati, si combatte. Non può essere diversamente. Il paese ‘verdeoro’, infatti, vanta una delle Costituzioni più moderne e progressiste al mondo ma manca ancora di una riforma agraria a causa dei governi totalitari del passato  dei quali ancora oggi si soffrono le conseguenze in termini di corruzione.

I più deboli in questa guerra sono i contadini e i popoli indigeni i cui diritti vengono piegati ai superiori interessi di fazenderos i quali, non di rado, occupano terre indigene. Il tutto avviene con la complicità e l’appoggio della politica. Nella Costituzione viene infatti affermato che i diritti dei popoli indigeni rimangono secondi rispetto ai superiori interessi dello Stato. In realtà i guadagni provenienti da queste pratiche arricchiscono pochi mentre la maggior parte della popolazione rurale versa in condizioni di difficoltà.


Diga di Itaipù tra Brasile e Uruguay: per costruirla, scacciati interi popoli
Tra il 20 e il 22 agosto, nel Parco Cittadino di Brasilia (DF) si tenterà di realizzare l’inizio della controtendenza attraverso un incontro nazionale di tutti i movimenti sociali e le entità coinvolte  nella vita rurale del paese. Saranno presenti i rappresentanti del movimento sindacale come la Confederazione Nazionale dei Lavoratori Agricoli (Contag), La Federazione Nazionale dei Lavoratori e delle Lavoratrici nell’Agricoltura Familiare (Fetraf), dei movimenti sociali come i Sem Terra (Mst) o il Movimento delle Donne Contadine (Mmc), il Movimento dei Piccoli Agricoltori (Mpa) e il Movimento Vittime delle Dighe (Mab).

Saranno presenti anche i movimenti dei pescatori e delle pescatrici artigianali del Brasile e rappresentanti delle centinaia di raggruppamenti quilombolas che popolano il paese.

Faranno la loro parte anche l’Articolazione dei popoli indigeni del Brasile (Apib) e il Consiglio indigenista missionario (Cimi).

Sarà un incontro in cui verrà affrontato il problema globalmente, senza intermediari e in maniera indipendente dalla corrente politica in cui i partecipanti si identificano.

Si tratta di un incontro storico che ha un solo antecedente: nel novembre 1961 a Belo Horizonte (MG) in occasione del I Congresso contadino del Brasile negli anni del Governo popolare di Joao Goulart. L'obiettivo era quello della realizzazione di una riforma agraria e di una legge.

Dimostrazione indigena in Amazzonia
“Reforma agrária: na lei ou na marra!”,- Riforma agraria: con la legge o con la forza -  questa la parola d’ordine in quel periodo. Ma gli eventi non permisero a quel movimento di concretizzarsi.

Oggi quell’incontro rivive di nuove forze che in quegli anni non erano riconosciute parti attive della società: i popoli indigeni.

Un incontro quanto mai urgente in anni in cui la società è governata dalla finanza e l'agri-business diventa l'affare del secolo a costo di passare sopra i diritti delle minoranze e dell'umanità.

fonte: http://correiodobrasil.com.br

foto: http://www.asud.net
         http://kids.britannica.com
            http://www.rededemocratica.org













mercoledì 8 agosto 2012

Muore il cacique Potiguara vittima di un attentato nel Paraìba




http://www.flickr.com/photos/joaoesocorro/7728634286/
Gesuivan Potiguara

E’ morto nella notte di domenica 5 agosto il cacique Potiguara Geusivan Silva de Lima, 30 anni, dopo aver passato gli ultimi 6 giorni di vita in stato grave nell’Ospedale per le emergenze e i traumi ‘Humberto Lucena’ di João Pessoa nel Paraìba.
Il leader indigeno è stato vittima di un attentato avvenuto nella notte del 31 luglio nell’aldeia Brejinho, sul litorale settentrionale della regione. La lesione riportata è stata talmente violenta da causare una perdita della massa cerebrale rendendo impossibile un recupero dello stato di salute.
Nel corso dell’imboscata i killer hanno colpito anche Claudemir Ferreira da Silva, non indigeno e guardia del corpo di Gesuivan, che si è scagliato invano contro gli assassini nell’intento di proteggere il cacique. Con Gesuivan sono già sei i leader indigeni ad aver denunciato minacce presso gli organismi federali; altri tre hanno poi denunciato ma non sono stati registrati ufficialmente.  

L’attentato.
Gesuivan è stato colpito con due colpi di pistola alla testa mentre giocava a domino in una piazza dell’aldeia Brejinho. Secondo una testimone, due uomini armati hanno avvicinato Gesuivan intimandogli di gettarsi a terra. Prima di ucciderlo gli assassini erano stati affrontati da  Claudemir Ferreira da Silva, raggiunto da diversi spari e morto sul posto. I killer hanno poi colpito tre volte alla testa il cacique. Secondo la testimone, prima di andare via, gli assassini hanno detto: “Adesso ne mancano solo due”.
Secondo informazioni ufficiose i killer hanno utilizzato revolver calibro 38. Inoltre sembra che l’uomo che pilotava la moto ha tenuto il casco nel corso dell’intera azione mentre l’altro aveva il viso scoperto.
Secondo il cacique generale del popolo Potiguara, Sandro Gomes Barbosa, l’attentato non sarebbe un fatto isolato e si deve aggiungere alle minacce, alle aggressioni ed ai tentativi di omicidio di cui sono stati vittima 7 cacique Potiguara e denunciati presso la Polizia Federale dal 2011 ad oggi.

La questione fondiaria.
Nel mese di aprile la comunità dell’aldeia Brejinho si è nuovamente impossessata di 90 ettari di terra occupata da un fazendeiro della canna da zucchero. Questa terra era già stata registrata e demarcata come terra indigena ma la Funai, Fondazione nazionale dell’indio ha operato delle estrusioni.
Il cacique Gesuivan ha quindi guidato gli indigeni all’occupazione di quelle terre malgrado le difficoltà dovute al fatto di aver riportato l’amputazione di una gamba in seguito ad un recente incidente automobilistico e iniziando la costruzione delle abitazioni.
Quelle canne non sarebbero dovute essere piantate nelle terre indigene e la natura sarebbe dovuta rimanere inalterata.
Ma la ‘presa’ di aprile ha provocato numerose minacce telefoniche negli ultimi mesi. E anche agli altri cacique non va meglio. 
Ferite riportate in seguito ad un attentato subito a marzo
Nel mese di maggio, uomini armati si presentarono alla casa del cacique Sandro ma non lo trovarono. Il figlio disse loro che non viveva più lì e con ciò si salvò. “Se io fossi stato li in quel momento, adesso sarei morto – dice il cacique generale – A luglio sono stato seguito da altri motociclisti. Non abbandoniamo la lotta ma solo Tupã potrà proteggerci”.

Assenza dello Stato
Nella notte del 22 marzo 2009, una domenica, alcuni uomini amati si presentarono alla porta del cacique Anibal Cordeiro Campos, dell’aldeia Jaguarà. Il tentativo di difendersi non andò a buon fine e fu raggiunto da 5 colpi. Sopravvissuto all’attacco, continua nella lotta contro la canna da zucchero e i latifondisti che occupano irregolarmente le terre indigene e porta con sé le conseguenze di quell’attacco: un proiettile conficcato nella testa.
La polizia ha aperto un’inchiesta ma nessuno è mai arrivato ai killer e ai possibili mandanti. Quest’anno Anibal è stato nuovamente raggiunto da altre minacce così come il cacique Josè Roberto dell’aldeia Três Rios, il vice Josesi, il cacique Pintado dell’aldeia Capoeira, Alcides, dell’aldeia São Francisco, Capitão dell’aldeia Forte e Oliveiros dell’aldeia Ibykuera.
Il clima di tensione e insicurezza tra i Potiguara è forte. Perfino la notte in cui Gesuivan è stato sotterrato ci sono stati degli spari.
In alcuni casi c’è il coinvolgimento di indigeni corrotti dai latifondisti della canna da zucchero e non indigeni che risiedono nei territori indigeni e utilizzano la terra per la coltivazione della canna da zucchero.
“E’ difficile dire chi stia facendo tutto questo contro il nostro popolo – dice Capitão – La polizia deve investigare per scoprirlo. Intanto dobbiamo combattere contro la canna da zucchero, la violenza, lottare per la terra e impedire i contratti di locazione, ma non possiamo dire con certezza chi sia”. 

Cacique Sandro Potiguara
Situazione delle terre indigene
I territori del litorale settentrionale dei Potiguara si dividono in 32 aldeias tra le tre terre indigene registrate e dichiarate dal governo: Jacaré do São Domingos, Potiguara de Monte Mor e São Miguel.
Insieme, queste terre misurano 35.328 ettari. L’occupazione non indigena in questi territori è particolarmente elevata. A  São  Miguel un campo di canna occupa un’area di 14.000 ettari tagliando in due il fiume del territorio e rendendolo inutilizzabile per la pesca, pratica tradizionale dei Potiguara per sei mesi all’anno.
Anche nelle aldeias che compongono la terra del Monte Mor, la presenza non indigena oltrepassa i 7mila individui in 1653 siti, senza contare le coltivazioni di canna.
“Non ho paura dei banditi e se devo morire difendendo il mio popolo, se questa è la volontà di Tupã, che sia fatta. Non abbandonerò la lotta” dice il cacique generale Sandro Potiguara.

Autore: Renato Santana
Traduzione: Chiara Madaro
http://www.cimi.org.br/site/pt-br/
 http://agenciabrasil.ebc.com.br/noticia/2012-08-06/morre-cacique-potiguara-baleado-na-paraiba
http://g1.globo.com/pb/paraiba/noticia/2012/08/morre-em-hospital-cacique-potiguara-baleado-em-atentado-na-paraiba.html

sabato 4 agosto 2012

9 agosto: Giornata internazionale dei popoli indigeni.

Di Chiara Madaro

Giovedi 9 agosto presso la sede delle Nazioni Unite di New York verrà commemorata la 18ma Giornata mondiale dei popoli indigeni. La manifestazione, organizzata dal segretariato UNPFII, Forum permanente delle Nazioni Unite sulle questioni indigene, dal Dipartimento delle Nazioni Unite per la pubblica informazione e il Comitato delle ONG per il Decennio dei popoli indigeni della terra, verterà su ‘I media indigeni, Potenziare le voci indigene’.
La Giornata rientra nel secondo Decennio per il popoli indigeni(2005-2015), stabilito il 22 dicembre 2004 dall’Assemblea Generale con la Risoluzione A/RES/59/174. Il coordinatore del Secondo Decennio è Sha Zukang, sottosegretario per gli affari sociali ed economici.
Il secondo decennio ha cinque obiettivi:
·       La promozione della non-discriminazione e della inclusione dei popoli indigeni nella implementazione dei programmi e dei progetti internazionali, regionali e nazionali riguardanti le leggi, le politiche, le risorse
·         La promozione della piena ed effettiva partecipazione dei popoli indigeni nelle decisioni che interessano in maniera diretta o indiretta il proprio stile di vita, le loro terre tradizionali e i territori, la loro integrità culturale in quanto popoli indigeni e i diritti collettivi o ogni altro aspetto della loro vita in considerazione del principio del libero, previo e informato consenso
·         Le ridefinizione delle politiche di sviluppo che si distaccano da una visione di equità compreso il rispetto per la diversità culturale e linguistica dei popoli indigeni
·         L’adozione di politiche specifiche, programmi, progetti e fondi per lo sviluppo dei popoli indigeni con una particolare enfasi sulle donne indigene, i bambini e i giovani
·         Lo sviluppo di solidi meccanismi di monitoraggio e potenziamento a livello internazionale, regionale e particolarmente a livello nazionale della implementazione di regole nel campo legale, politico e operativo per la protezione dei popoli indigeni e per il miglioramento delle loro vite
Fonte: http://social.un.org

Foto: http://www.24emilia.com