Il suono dell'universo.

sabato 20 dicembre 2014

Attentato e vilipendio allo Stato - osservazioni alla rete di gasdotti nel Mediterraneo.


 
Al
Ministero dell’Ambiente
e della
Tutela del Territorio e del Mare


ATTENTATO E VILIPENDIO ALLO STATO:

MAFIA, CONTAMINANTI, AFFONDAMENTI E TERREMOTI.

RAGIONI A SFAVORE
DI PROSPEZIONI, TRIVELLAZIONI E GASDOTTI IN ADRIATICO.


Di Chiara Madaro


Visto che le informazioni che seguono sono già in possesso di Parlamento e Ministeri in quanto discussi negli anni e nelle sedi opportune attraverso interrogazioni parlamentari,
Visto che chi di dovere non può non sapere,
 l’obiettivo di questo scritto è ricordare quanto riferito in Parlamento e:
o   Ricevere spiegazioni sul motivo per cui non siano stati presi provvedimenti penali nei confronti di coloro che hanno avviato permessi di prospezione e ricerca in aree marine protette e in prossimità di aree densamente popolate con ricadute inevitabili sulla vita di flora e fauna, sulla vita e la salute delle comunità locali e sull’economia del Salento, un brand in crescita, apprezzato per aver mantenuto e sublimato le proprie tradizioni culturali, culinarie e naturalistiche
o   Comprendere se e quali provvedimenti siano stati presi nei confronti della Società San Leon Energy Srl e di coloro che ad essa hanno garantito concessioni di prospezione e trivellazione senza passare attraverso la necessaria e obbligatoria Valutazione di Impatto Ambientale
o   Sapere se sia stato verificato che petrolieri stranieri come Petroceltic o Northern Petroleum o Independent Resources, abbiano fatto pressioni su parlamentari e Ministri affinchè si potessero bypassare leggi e Costituzione italiane ottenendo successo
o   Sapere se le suddette compagnie abbiano effettivamente operato il fracking, pratica vietata nel nostro paese, così come affermato sui siti on-line delle compagnie stesse
o   Ricevere spiegazioni sul motivo per cui permessi criminali ai danni dello Stato e dei suoi cittadini, vengano attribuiti rimanendo impuniti
o   Verificare chi ha tratto o sta traendo beneficio da accordi insensati e criminali, cosa e chi attribuisca a ministri del popolo e parlamentari la capacità di rimanere impuniti a fronte di comportamenti evidentemente illegittimi
o   Sapere se l’intento di raddoppiare entro il 2020 la produzione di gas e petrolio implichi e preveda l’utilizzo di forme non convenzionali di pescaggio (fracking)
o   Sapere se sia effettivamente in progetto di fare del Canale d’Otranto non solo luogo di passaggio di idrocarburi ma di pescaggio







    Nel corso di una ricerca condotta dalla scrivente e risalente ad un paio di anni fa, dal sito inglese di ‘Petroceltic’, compagnia petrolifera inglese con interessi in Italia dal 2005, si leggeva la soddisfazione della Compagnia la quale seguiva le vicende politiche italiane e prevedeva con abbondante margine di sicurezza che il Governo sarebbe riuscito a superare le rivendicazioni accampate dalle popolazioni locali ed ottenere di poter iniziare a trivellare incrementando, quindi, il valore di Petroceltic. Una mission condivisa anche da Northern Petroleum, la quale, come ricordato in Senato dall’On. Adriana Poli Bortone, “(…)dichiara di voler 'acquisire siti esplorativi e produttivi a basso costo d'ingresso, allo scopo di aumentarne il valore per i propri azionisti”[1]. Ma mentre in Parlamento si denunciavano queste speculazioni, Petroceltic lamentava i ritardi imposti dal DL 128/2010, un decreto su cui il Ministro Prestigiacomo ritenne di dover ulteriormente intervenire in maniera cautelativa, allo scopo di modificare il Codice Ambientale in seguito al disastro della Deepwater Horizon in Messico. Il decreto vietava qualsiasi forma  offshore di E&P (Exploration and Production) collegata al petrolio entro 5 miglia nautiche dalla linea costiera e tutte le attività di offshore E&P entro 12 miglia nautiche per le aree marine o costiere protette.  Un provvedimento risibile se paragonato alle norme statunitensi dove vige il divieto di trivellare fino a 100 miglia da riva - 160 chilometri - per proteggere turismo e vita marina. Il DL 128/2010 fu, poi, modificato con il DL 83/2012 (il Decreto Sviluppo) pubblicato il 26 giugno 2012 sulla Gazzetta Ufficiale diventando Legge 134/2012. Dopo 4 giorni, il Ministero concesse i permessi di prospezione che, in base alle restrizioni applicabili all’esplorazione offshore e alle attività produttive che la Legge impone, avrebbero dovuto essere applicati oltre le 12 miglia al largo della linea costiera italiana. Ma la legge recita: “(…)le restrizioni non colpiscono le concessioni produttive che erano in corso di revisione o erano già state rilasciate al momento in cui il DL 128/2010 è andato in vigore né le successive modifiche o estensioni collegate a tali permessi”.  La specifica comporta che siccome Petroceltic aveva già da qualche anno affari in corso con il precedente governo riguardanti aree al di qua delle 12 miglia, i ripensamenti dell’ex Ministro Prestigiacomo non valsero. D’altra parte, a scanso di equivoci, il nome della Compagnia compare chiaramente nel testo del Decreto che chiarisce: “Petroceltic Italia S.R.L. detiene un certo numero di interessi già esistenti precedentemente al DGLS 128/2010”.

Sembrerebbe che le pressioni imposte al Governo dai petrolieri al fine di proteggere il valore economico del permesso e celermente superare l’impaccio legale, abbiano avuto l’effetto desiderato. Impacci da cui anche Clini, il successivo Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (un titolo che sembra uno scherzo) ha liberato i petrolieri perfino in prossimità dell’Arcipelago delle Tremiti, area marina protetta dal 1989. Qui Eni avrebbe ottenuto da Petroceltic l’operatività. In tal modo il danno ambientale sarebbe stato pagato non da Petroceltic ma da Eni la quale, come è noto, è un’azienda le cui azioni di maggioranza spettano allo Stato italiano. Il solito denaro pubblico che fa tanta gola a speculatori nostrani e d’oltralpe.
Non a caso: gli esperti informano che rispetto ai Paesi dell’Europa orientale, l’Italia è il terzo produttore di petrolio e il quinto di gas con riserve provate equivalenti a 622m barili di petrolio greggio e 8 TCF (Trilioni di Piedi Cubi) di gas. Sul sito di Petroceltic viene ricordato con soddisfazione anche che la Strategia Energetica Nazionale del nostro paese prevede di raddoppiare la produzione domestica di idrocarburi entro il 2020[2]. I propositi del Governo ottengono l’approvazione dell’Azienda, come se davvero le decisioni di uno Stato debbano ottenere la convalida di una Compagnia straniera privata. Non è, d’altra parte, un mistero per nessuno il fatto che il nostro paese è un paradiso per gli speculatori a causa di carenze normative e  della facilità con cui la mafia riesce ad infiltrarsi nelle più delicate operazioni dello Stato, rendendo possibile la realizzazione di attività altrove improponibili.

Fracking
Si parla perfino di pratiche illegali come il fracking. La tecnica consiste nell’iniezione di fluidi misti a sostanze chimiche, a sabbia o altri agenti di sostegno che servono a mantenere le fratture aperte nel terreno allo scopo di stimolare la fuoriuscita di gas e petrolio. In sostanza i fluidi riescono a propagare una frattura in uno strato roccioso già trivellato e aumentare poi la quantità di idrocarburo estratto da un giacimento inaccessibile. Secondo il CRC, questo processo viene attualmente utilizzato negli Stati Uniti in più del 90% dei pozzi di petrolio e gas. “Ma il rapido e geograficamente esteso aumento del fracturing – dicono gli esperti del CRC - ha sollevato preoccupazioni per i suoi potenziali impatti sulla qualità delle acque sotterranee e dell’acqua potabile e ha portato alla richiesta di un maggiore controllo da parte dello Stato”.  Infatti il fluido di fratturazione e l’acqua rimasta nell’area in cui è avvenuta la frattura, possono inibire la produzione di petrolio e gas e per questo devono essere ripompate in superficie. Si genera così un ‘riflusso’ del fluido di frattura che torna in superficie insieme all’acqua che si incontra nelle faglie naturali del terreno generando la cosiddetta ‘acqua prodotta’. Secondo stime di settore rilevate nelle varie aree geografiche, il volume dell’acqua di riflusso può variare da una quantità che va dal circa 30% a più del 70% rispetto al volume del liquido di frattura originale. Un pozzo può essere fratturato più volte utilizzando fino a 6milioni di galloni di acqua. Considerando che un gallone equivale a 4 litri e mezzo, facciamo un po’ due conti.
"Il ricorso all’uso della fratturazione idraulica - dice ancora il documento di presentazione della ricerca di IRC -  è in continuo aumento proporzionalmente al decremento dei giacimenti di petrolio e gas e alla crescita di richiesta di energia. Per questo le compagnie petrolifere si muovono in direzione delle formazioni non convenzionali di idrocarburi. La situazione appare preoccupante in quanto la fame di energia induce le compagnie petrolifere a lavorare anche in aree densamente popolate e il processo di fratturazione porta all’introduzione di fluidi chimici, metano ed altri contaminanti[3] negli acquiferi, da cui si approvvigionano gli acquedotti"[4]. Quale tipo di controllo esiste nel nostro paese?
Se questo avvenisse al largo del Canale d’Otranto contaminerebbe le falde da cui si approvvigionano le Terme di Santa Cesarea.
Ufficialmente la produzione di gas non convenzionale in Italia non esiste. Ma sul sito di Independent Resources, compagnia inglese vocata all’estrazione di idrocarburi e geograficamente strutturata in Italia si legge: “IRG holds extensive (…)unconventional gas exploration interests covering the entire Ribolla shale gas basin in Italy, and the strategically-positioned Rivara gas storage project in the Po Valley, in addition to other emerging interests in CO(2) sequestration”. Cioè: La Independent Resources detiene interessi estensivi per l’esplorazione di gas non convenzionale che ricoprono l’intera area del bacino di gas di scisto di Ribolla e per il progetto di stoccaggio della zona strategica di Rivara, nella Pianura Padana. E come abbiamo visto, il gas non convenzionale è quello che viene recuperato attraverso il fracturing.

All’inizio del 2012 la IR affermava anche di essere sul punto di sviluppare il primo progetto di gas non convenzionale in Italia tra le località denominate Fiume Bruna e Casoni.

Mentre a Febbraio ottiene un Decreto Ministeriale per il Progetto Rivara da parte del Ministero dell’Ambiente e del Ministero dei beni e delle attività culturali che danno le autorizzazioni per la raccolta del gas a Rivara, appunto. “Questo Decreto – dicono da IR -  formalizza la recente decisione della Commissione VIA (valutazione impatto ambientale) del Ministero dell’Ambiente (…) che ha lo scopo di confermarne definitivamente (…) la sicurezza e la fattibilità”.
Ci si chiede come sia stato possibile arrivare a questo dato che esistono studi ed evidenze che parlano di terremoti e contaminazione della falda acquifera. I terremoti avvenuti circa tre anni fa in Emilia Romagna portando in superficie fanghi fluidi con un evidente odore di zolfo, componente chimico di cui gli idrocarburi sono ricchi alle nostre latitudini, potrebbero essere la prova che il fracking sia stato praticato anche da noi. Quali controlli sono stati realizzati in merito?
E’ possibile che nell’ottica della più spietata speculazione finanziaria privata, e non in quella dei fondamentali diritti sanciti dalla Costituzione italiana[5], che si sono mosse le leggi nel nostro paese? Non la sicurezza dei cittadini né la salvaguardia del territorio ma gli interessi in borsa di compagnie straniere non sempre in grado di dimostrare tracciabilità, legalità e capitali tali da poter coprire economicamente eventuali – e probabili - incidenti sul nostro territorio.
Un altro capitolo, quello degli incidenti ambientali, delle bonifiche, delle ricostruzioni, dei ricollocamenti che, come evidenziato dalle cronache di queste settimane, rende più del traffico di stupefacenti. Secondo Giampaolo Schiesaro[6], avvocato dell’Avvocatura dello Stato di Venezia, anche le bonifiche sono un affare. “Dietro queste operazioni girano molti soldi, trattandosi di interventi molto ampi che richiedono l’esborso di notevoli importi economici – dice – ma il motivo fondamentale è che la bonifica avviene sempre meno a carico del soggetto responsabile del danno”; non è quindi un costo accessorio alla produzione ma un “costo sociale addebitato ai cittadini stessi”.
Denaro pubblico, dunque, su cui si concentrano gli appetiti di molti. “Sono coinvolti interessi criminali a vari livelli – continua Schiesaro - del resto il responsabile non si trova quasi mai”. Infatti nel nostro ordinamento giuridico l’accertamento del responsabile del danno con sentenza passata in giudicato non esiste (ndr). Inoltre “spesso le bonifiche possono essere realizzate o semplicemente fatte figurare come interventi con un certo contenuto tecnico, mentre, in realtà, sono tutt’altro”.
Non deve stupire, allora, che si dia il via con tanta facilità e bypassando la volontà e diritti dei cittadini che forniscono alternative ragionevoli di approvvigionamento energetico.
Nel corso di una interrogazione parlamentare del 17 ottobre 2012, seduta n.705 in Commissione Ambiente, i deputati Piffari e Cimadoro denunciano  indagini sismiche non soggette a verifiche di impatto ambientale – decisione incredibile e inaccettabile in un territorio ricco di opere artistiche e naturali uniche al mondo e fragili e delineano il ‘quadro sconcertante’ riguardo il sistema di autorizzazioni con la ‘presenza di numerosi casi di inquinamento delle aste da parte di soggetti non aventi diritto, sia dal punto di vista patrimoniale, sia dal punto di vista tecnico, attraverso un'alterazione se non la stessa partecipazione diretta delle cosche alle gare di concessione pubbliche’.
Nel giugno 2010, ancora Cimadoro denuncia presso il Ministero dello Sviluppo Economico il fatto che la società San Leon Energy srl, con capitale sociale di soli euro 10.000, avente sede in via Rubichi n. 93 a Monteroni di Lecce – il sito corrisponde ad un appartamento disabitato all’interno di una palazzina popolare - ha presentato al Ministero dello sviluppo economico, in data 21 febbraio 2008, tre domande di ricerca in mare di idrocarburi ottenendo i permessi necessari. Curioso che sia stato dato credito ad una società non tracciabile e nata solo l’anno precedente (2007) in un paese la cui notorietà è dovuta al potere detenuto dalla Sacra Corona Unita.
Per tornare a Petroceltic: tra gli interessi della compagnia figura un sito all’interno del Golfo di Taranto, in prossimità della terraferma e uno al largo del Canale d’Otranto, proprio dove dovrebbe passare la pipeline carica di idrocarburi provenienti dal Nordafrica. Questa coincidenza non può sfuggire e viene il sospetto che il Canale non sarà ‘solo’ luogo di passaggio di tubature contenenti materiale fortemente corrosivo e contaminante. Facile sospettare, invece, che si trivellerà per pescare idrocarburi off-shore. Sospetto avvalorato da quanto dichiarato su petrolioegas.it dove si legge che le prospezioni non sono fine a stesse. Infatti: “Il permesso di ricerca è richiesto e rilasciato al fine del rinvenimento di giacimenti di idrocarburi e della loro conseguente coltivazione in caso di scoperta. La coltivazione è quindi concessa al titolare del permesso che abbia rinvenuto un giacimento idoneo. Le attività di ricerca sono strettamente connesse a quelle di coltivazione: si ricerca con rischio al fine di scoprire nuovi giacimenti; non si eseguono delle ricerche senza la prospettiva di godere dei benefici con la coltivazione qualora un giacimento fosse rinvenuto”.
Triste pensare, d’altra parte, che la certezza vantata già da alcuni anni  dalle compagnie petrolifere in merito alla quantità e alla natura degli idrocarburi contenuti nel sottosolo marino al largo delle coste pugliesi, comporta un fatto: i sondaggi capaci di fornire certezze sulla quantità di petrolio e gas in Adriatico e Ionio sono stati già operati anni fa a insaputa delle popolazioni e delle amministrazioni locali. E’ lecito pensare che il periodo in cui questi sondaggi sono stati realizzati può essere rintracciato in prossimità di eventi inusuali per le coste salentine: lo spiaggiamento in contemporanea di 7 cetacei tra i quali una femmina in attesa, avvenuto nel 2009. Evento mediatico in quanto unico in tutta Europa. Già all’epoca si parlò di air gun. Gli esperti trovarono bolle di gas nei vasi sanguigni degli animali. Fatto  dovuto ad una repentina risalita in superficie dei capodogli, probabilmente spaventati da rumori troppo violenti nei fondali. In seguito si sono verificati casi simili a decine.
Gli air gun vengono utilizzati nel corso delle prospezioni. Sono armi capaci di sparare onde sismiche ad altissima intensità e capaci di sprigionare energia pari a quella di una bomba atomica e di fornire indizi sulla quantità di idrocarburi contenuti nel sottosuolo marino. Secondo l'ingegner Giuseppe Deleonibus, ingegnere ambientale specializzato in tutela ambientale e controllo dell'inquinamento, gli air gun si basano su fenomeni di riflessione e rifrazione delle onde elastiche generate da una sorgente artificiale, la cui velocità di propagazione dipende dal tipo di roccia, ed è variabile tra 1.500 e 7.000 metri al secondo (tra 5.400 e 25.200 chilometri orari) e che tale metodica di ricerca è ufficialmente annoverata tra le forme riconosciute di inquinamento dalla proposta di direttiva n. 2006/16976 recante gli indirizzi della strategia comunitaria per la difesa del mare[7].
Un problema non solo per la vita acquatica in sé ma anche per la nostra a causa di fusti colmi di contaminanti adagiati sui fondali dell’Adriatico.

Armi chimiche sui fondali
Ancora la Sen. Poli Bortone avvisa il Parlamento dell’esistenza  di circa 20 mila bombe chimiche in Adriatico meridionale. Si tratta in maggioranza di bombe all’iprite affondate nel 1943 insieme alla nave statunitense ‘John Harvey’ ma non mancano ordigni riconducibili alla guerra dei Balcani. Per non parlare delle navi - 25 registrate dai Lloyd’s di Londra, 40 secondo varie Procure. Navi affondate su cui grava il sospetto del traffico di rifiuti pericolosi. bombe all'iprite, dunque, ma anche al fosgene, disfogene, adamsite, acido cianidrico, bombe a grappolo del tipo blu27, proiettili all'uranio impoverito senza contare che il basso Adriatico è stato utilizzato fino agli anni '70 per lo smaltimento di munizionamento militare obsoleto e vi sono stati affondati residuati bellici provenienti dalla bonifica dei porti pugliesi e da depositi e stabilimenti di produzione, assemblaggio e sconfezionamento di ordigni. Secondo l’interrogante, andrebbe anche sottolineato come tali ordigni siano dispersi in un'area piuttosto ampia, che si estende dai fondali delle aree portuali fino a tratti di mare a diversa distanza dalla riva, anche per la pratica degli operatori di riaffondare in ambito portuale i residui bellici accidentalmente salpati[8].
Nel 1974, poi, fece scalpore il caso dell’affondamento della nave mercantile ‘Cavtat’, avvenuto in circostanze e modalità poco chiare al largo del Golfo di Otranto.


Secondo il manifesto di bordo, la Cavtat viaggiava con un carico di 2500 tonnellate di cui 270 di piombo tetraetile divise in 900 bidoni e il resto di ‘ferraglia’ e materiale chimico non ben definito. Secondo alcuni poteva trattarsi di armi anche perché, a differenza di quanto dichiarato in origine, il cargo salpava dal porto di Manchester[9], all’epoca noto per via del traffico d’armi. Il carico fu recuperato nei quattro anni successivi grazie all’impegno profuso dall’allora pretore di Otranto, Alberto Maritati. Un impegno proseguito malgrado le pressioni esercitate nei suoi confronti da entità governative e internazionali affinché il carico fosse lasciato in fondo al mare. L'ultimo bidone di piombo tetraetile fu portato in superficie il 12 aprile 1978 a dispetto del parere di una commissione internazionale composta da 12 scienziati della Nato i quali affermarono che tra il ‘76 e il ‘77 i bidoni avrebbero iniziato a disperdere il loro contenuto. Il costo dell'intera operazione ammontò a 15 miliardi di Lire ma riguardò solo i fusti di piombo tetraetile; il resto del carico, quello che veramente preoccupava la comunità internazionale e di cui tutt’oggi non si sa nulla, rimase nel relitto. Se si trattava veramente di armi, per quanto chimicamente letali, è certo che le ragioni che prevalsero nella gestione della faccenda non furono di natura ambientale e le priorità rispetto ai rischi che si volevano evitare portavano a ritenere che qualsiasi rischio ambientale era sempre meglio di altri rischi. Sembra essere una costante in molti casi.

Il catrame pelagico
Un'altra questione riguarda il catrame pelagico che giace sui fondali del Mediterraneo: 38mg per metro quadro a fronte dei 10 mg del Mare dei Sargassi e 3,8 del Mare del Giappone. Quando le onde vengono sparate dagli air gun quel materiale si rimescola e va in circolo. Se questo avviene in un mare sostanzialmente chiuso come è l’Adriatico, un mare inadatto a smaltire le sostanze inquinanti, si comprende cosa avverrebbe alle specie ittiche che ancora circolano. E a noi, ultimo anello della catena alimentare[10].
La questione è più che un’eventualità dato che lo scorso anno (febbraio 2014) è stata documentata la presenza di ampie chiazze di catrame sulla riva di alcune spiagge salentine. La Sen. Adriana Poli Bortone nel corso di un’interrogazione parlamentare dell’ 11.11.2011 ricorda che “(…) il suono viaggia nell'acqua circa quattro volte più in fretta che nell'aria (la velocità di propagazione del suono in aria è di 343 metri al secondo, in acqua di circa 1.483 metri al secondo), per cui le onde hanno la potenzialità di diffondersi su raggi molto elevati, anche di 100 chilometri e a ridosso dell'air gun si possono misurare picchi di pressione dell'ordine di 230 dB (a mero paragone, un'esplosione nucleare in mare ha un valore di 300-310 decibel)”. Poli Bortone ricorda ancora gli studi del Norwegian institute of marine research i quali hanno messo in evidenza una diminuzione delle catture di pescato fino al 50 per cento in un'area distante fino a 2.000 metri dalla sorgente durante l'utilizzo di air gun”.

Recenti studi e inchieste condotti in aree compromesse hanno dimostrato la minaccia che queste attività rappresentano per la specie umana. Così come i metalli pesanti, anche gli idrocarburi tendono ad accumularsi in alcuni tessuti degli esseri viventi. Attraverso cibo o bevande contaminate o per via cutanea, queste sostanze si diffondono rapidamente perché liposolubili e dunque in grado di attraversare le membrane cellulari e depositarsi nei tessuti adiposi e negli organi drenanti (reni e fegato). Da qui vengono metabolizzati in pochi giorni ed eliminati. Ma nel frattempo hanno avuto modo di legarsi a DNA ed RNA provocando dunque alterazioni genetiche, malformazioni gravi e interferenze gravi con il corretto funzionamento del sistema endocrino.
Di queste circostanze si è discusso in Parlamento. Dunque cosa non è chiaro a chi ha chiuso intese irregolari accordando i necessari permessi per prospezioni e trivellazioni?
Non è un caso se il presente scritto segnali interventi avvenuti in Parlamento: non c’è niente di quanto evidenziato fin qui che non sia risaputo da chi, volta dopo volta, in modo più o meno pertinente, prende decisioni non richieste - e motivatamente avversate dai cittadini - che danneggiano gravemente l’incolumità delle popolazioni locali di tutto il paese.
Secondo il parere della sottoscritta si configurerebbe il reato di delitto contro lo Stato, punibile dal Codice Penale (in particolare Art.241[11] e 246[12]). E non valgono le giustificazioni di solito accampate in questi casi di ‘agire nel superiore interesse dello Stato’. Esistono alternative valide agli idrocarburi: dalla tecnologia al plasma (utile anche all’annoso problema dei rifiuti) all’energia geotermica, dal minieolico all’energia solare (soggetta ad una campagna pubblicitaria di disinformazione secondo cui è troppo costosa e quindi poco conveniente rispetto all’energia nucleare). Il nostro Paese potrebbe diventare una potenza energetica pulita e l’industria delle rinnovabili sarebbe capace di potenziare la produttività.  Secondo l’Ing. Antonio De Giorgi del direttivo di Italia Nostra Sud, “Fonti rinnovabili significa democrazia ma negli ultimi anni abbiamo perso posti per 100mila persone che lavoravano nel fotovoltaico. Le nostre aziende - puntualizza – erano il fiore all’occhiello nella produzione internazionale e sono dovute andare all’estero perché il Governo un paio d’anni fa ha azzerato il fotovoltaico con marchingegni legislativi”. E a proposito di chi sostiene che il fotovoltaico sia insufficiente afferma che: “Chi dice queste cose in pubblico spacciandosi per esperto dovrebbe vergognarsi perché non è vero: con le rinnovabili l’energia diventa un bene comune, possiamo essere autosufficienti, sono il modello verso cui stiamo andando; possiamo decidere se essere protagonisti del cambiamento”.
Malgrado negli ultimi anni questi argomenti siano stati dibattuti a livello mondiale, continuiamo a dover affrontare questi disegni criminali. L’impressione è che il cittadino debba difendersi dallo Stato o da coloro detengono il potere, colpevoli di stragi che si perpetuano nel tempo, rimanendo impune grazie ad una fitta rete criminale. L’idea di welfare e democrazia è lontana, invisibile.





[1] Interrogazione a risposta scritta 4 - 06237 presentata da ADRIANA POLI BORTONE
venerdì 11 novembre 2011, seduta n.636
[2] “Italy is the third largest producer of oil and the fifth largest of gas in Western Europe. Proven reserves in Italy to date exceed 622m barrels of crude oil and 8 TCF of gas. Recent years have seen a considerable increase in the level of interest in Italy’s energy resources and a greater number of companies have been attracted to the area.
As a large net importer of hydrocarbons, there is a large market for domestically produced gas. Italy is also seen by many as being a likely hub for gas import into Europe. The development of a series of pipelines linking Italy to major gas producers such as Algeria, and Libya and the development of new LNG terminals will ensure that Italy can fulfill this role.
Petroceltic has had a strong presence in Italy since 2005. The current portfolio consists of two permits
(1 operated) in the western Po Valley and four permits (all operated) in the central Adriatic area.
Currently the Italian government is developing a National Energy Strategy which aims to double domestic hydrocarbon production by year 2020. In order to achieve this it is recognized that Italian permitting regulations will need to be aligned with European standards and that authorisation timelines need to be reduced. It is clear that the Italian Government sees the upstream sector as a potential key source of jobs, growth and energy security and intends to take active steps to improve the regulatory landscape to encourage and facilitate investments and development. Petroceltic welcomes this approach and believes that it will enable development and growth of our Italian portfolio”. Su: http://www.petroceltic.com/operations/italy.aspx

[3] Le acque, utilizzate nel processo di fratturazione idraulica sono spesso addizionate a diverse sostanze pericolose, tra le quali naftalene, benzene, toluene, xylene, etilbenzene, piombo, diesel, formadeldeide, acido solforico, tiourea, cloruro di benzile, acido nitrilotriacetico, acrilamide, ossido di propilene, ossido di etilene, acetaldeide, ftalati, cromo, cobalto, iodio, zirconio, potassio, lanthanio, rubidio, scandio, iridio, krypton, zinco, xenon e manganese
[4] La IEA, l'Agenzia Internazionale per l'Energia, nel documento «Golden Rules for a Golden Age of Gas» del 2012, ha posto in luce possibili problemi derivanti da un eccessivo sfruttamento di questi idrocarburi;
i molteplici effetti del fracking sono stati analizzati anche da un rapporto ordinato dalla Commissione ambiente del parlamento europeo, pubblicato nel luglio 2011 (Impacts of shale gas and shale oil extraction on the environment and on human health). La principale fonte di preoccupazione è la contaminazione delle falde acquifere – sotterranee e superficiali – dovute a fuoriuscite di fluidi di fratturazione contenenti additivi chimici o di acque reflue contenenti gas metano disciolto, fango e sostanze chimiche (ad esempio metalli pesanti) e radioattive eventualmente provenienti dal giacimento;

[5] L’Art.32 tutela la salute e il diritto degli individui a vivere in un ambiente salubre  e di fruire dei servizi minimi sufficienti per l’integrità fisica e sociale dell’ambiente”.
[7] Interrogazione a risposta scritta 4 - 06237 presentata da ADRIANA POLI BORTONE
venerdì 11 novembre 2011, seduta n.636
[8] Interrogazione parlamentare al Ministro dell'ambiente del 22 settembre 2004 del senatore Franco Danieli
[9]
 All’epoca dei fatti si sospettò che il carico dovesse servire alla guerra turco-cipriota caldeggiata dalla Cia. Proprio a Manchester, infatti, esisteva un enorme deposito d'armi appartenente a Samuel Cummings ex agente dell'organizzazione americana e indiscusso re del traffico d’armi su larga scala. La sua compagnia, la Interarms, registrava un fatturato annuo che ammontava mediamente a 100milioni di dollari provenienti da accordi stretti con dittatori, despoti, rivoluzionari e controrivoluzionari che alimentavano tra le altre, le guerriglie centro americane, senza fare distinzione di bandiera. L’affondamento della Cavtat avvenne alle 4.12 del 14 luglio 1974 quando entrò in collisione con la 'Lady Rita', battente bandiera panamense, e comandata dal napoletano Carmine Laudato. Colpiscono alcuni particolari: l’imbarcazione non affondò dal punto in cui venne colpita e poi l’affondamento durò 6 ore durante le quali non fu mai lanciato l’SOS. Non fu mai possibile stabilire ufficialmente un legame tra l’affondamento della Cavtat e la guerra di Cipro ma i fatti avvennero giusto pochi giorni prima dell’invasione turca (20 luglio 1974) mentre le operazioni di recupero terminarono a guerra finita.
[10]I sedimenti delle piattaforme possono subentrare nella catena alimentare anche per un raggio di 10 chilometri dal punto di emissione.
[11] “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche”.
Codice Penale, Libro Secondo, Dei Delitti in Particolare, Titolo 1: Dei delitti contro la personalità dello Stato, Capo 1: Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato, Art.241 – Delitti contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato.
[12] Il cittadino che, anche indirettamente, riceve o si fa promettere dallo straniero, per sé o per altri, denaro o qualsiasi utilità, o soltanto ne accetta la promessa, al fine di compiere atti contrari agli interessi nazionali, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 516 a euro 2.065.
Alla stessa pena soggiace lo straniero che dà o promette il denaro o l'utilità.
La pena è aumentata:
1) se il fatto è commesso in tempo di guerra ;
2) se il denaro o l'utilità sono dati o promessi per una propaganda col mezzo della stampa.