Al
Ministero dell’Ambiente
e della
Tutela del
Territorio e del Mare
ATTENTATO E VILIPENDIO ALLO STATO:
MAFIA, CONTAMINANTI, AFFONDAMENTI E TERREMOTI.
RAGIONI A SFAVORE
DI PROSPEZIONI, TRIVELLAZIONI E GASDOTTI IN ADRIATICO.
Di Chiara Madaro
Visto che le informazioni che seguono sono già in possesso di Parlamento
e Ministeri in quanto discussi negli anni e nelle sedi opportune attraverso
interrogazioni parlamentari,
Visto che chi di dovere non può non sapere,
l’obiettivo di questo scritto è
ricordare quanto riferito in Parlamento e:
o
Ricevere spiegazioni sul
motivo per cui non siano stati presi provvedimenti penali nei confronti di
coloro che hanno avviato permessi di prospezione e ricerca in aree marine
protette e in prossimità di aree densamente popolate con ricadute inevitabili
sulla vita di flora e fauna, sulla vita e la salute delle comunità locali e
sull’economia del Salento, un brand in crescita, apprezzato per aver mantenuto
e sublimato le proprie tradizioni culturali, culinarie e naturalistiche
o
Comprendere se e quali
provvedimenti siano stati presi nei confronti della Società San Leon Energy Srl
e di coloro che ad essa hanno garantito concessioni di prospezione e trivellazione
senza passare attraverso la necessaria e obbligatoria Valutazione di Impatto
Ambientale
o
Sapere se sia stato
verificato che petrolieri stranieri come Petroceltic o Northern Petroleum o
Independent Resources, abbiano fatto pressioni su parlamentari e Ministri
affinchè si potessero bypassare leggi e Costituzione italiane ottenendo
successo
o
Sapere se le suddette
compagnie abbiano effettivamente operato il fracking, pratica vietata nel
nostro paese, così come affermato sui siti on-line delle compagnie stesse
o
Ricevere spiegazioni sul
motivo per cui permessi criminali ai danni dello Stato e dei suoi cittadini,
vengano attribuiti rimanendo impuniti
o
Verificare chi ha tratto o
sta traendo beneficio da accordi insensati e criminali, cosa e chi attribuisca
a ministri del popolo e parlamentari la capacità di rimanere impuniti a fronte
di comportamenti evidentemente illegittimi
o
Sapere se l’intento di
raddoppiare entro il 2020 la produzione di gas e petrolio implichi e preveda
l’utilizzo di forme non convenzionali di pescaggio (fracking)
o
Sapere se sia effettivamente
in progetto di fare del Canale d’Otranto non solo luogo di passaggio di
idrocarburi ma di pescaggio
Nel corso di una ricerca condotta dalla
scrivente e risalente ad un paio di anni fa, dal sito inglese di ‘Petroceltic’,
compagnia petrolifera inglese con interessi in Italia dal 2005, si leggeva la
soddisfazione della Compagnia la quale seguiva le vicende politiche italiane e
prevedeva con abbondante margine di sicurezza che il Governo sarebbe riuscito a
superare le rivendicazioni accampate dalle popolazioni locali ed ottenere di
poter iniziare a trivellare incrementando, quindi, il valore di Petroceltic. Una
mission condivisa anche da Northern Petroleum, la quale, come ricordato in
Senato dall’On. Adriana Poli Bortone, “(…)dichiara di voler 'acquisire siti esplorativi e produttivi a basso
costo d'ingresso, allo scopo di aumentarne il valore per i propri azionisti”[1]. Ma
mentre in Parlamento si denunciavano queste speculazioni, Petroceltic lamentava i
ritardi imposti dal DL 128/2010, un decreto su cui il Ministro Prestigiacomo ritenne di dover ulteriormente
intervenire in maniera cautelativa, allo scopo di modificare il Codice
Ambientale in seguito al disastro della Deepwater Horizon in Messico. Il
decreto vietava qualsiasi forma offshore di E&P (Exploration and
Production) collegata al petrolio entro 5 miglia nautiche dalla linea costiera
e tutte le attività di offshore E&P entro 12 miglia nautiche per le aree
marine o costiere protette. Un provvedimento risibile se paragonato alle
norme statunitensi dove vige il divieto di trivellare fino a 100 miglia da riva
- 160 chilometri - per proteggere turismo e vita marina. Il DL 128/2010
fu, poi, modificato con il DL 83/2012 (il Decreto Sviluppo) pubblicato
il 26 giugno 2012 sulla Gazzetta Ufficiale diventando Legge 134/2012. Dopo
4 giorni, il Ministero concesse i permessi di prospezione che, in base alle
restrizioni applicabili all’esplorazione offshore e alle attività
produttive che la Legge impone, avrebbero dovuto essere applicati oltre le 12
miglia al largo della linea costiera italiana. Ma la legge recita: “(…)le
restrizioni non colpiscono le concessioni produttive che erano in corso di
revisione o erano già state rilasciate al momento in cui il DL 128/2010
è andato in vigore né le successive modifiche o estensioni collegate a tali
permessi”. La specifica comporta che siccome Petroceltic aveva già da
qualche anno affari in corso con il precedente governo riguardanti aree al di
qua delle 12 miglia, i ripensamenti dell’ex Ministro Prestigiacomo non valsero.
D’altra parte, a scanso di equivoci, il nome della Compagnia compare
chiaramente nel testo del Decreto che chiarisce: “Petroceltic Italia S.R.L.
detiene un certo numero di interessi già esistenti precedentemente al DGLS
128/2010”.
Sembrerebbe che le pressioni imposte al Governo dai
petrolieri al
fine di proteggere il valore economico del permesso e celermente superare
l’impaccio legale, abbiano avuto l’effetto desiderato. Impacci da cui anche Clini,
il successivo Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
(un titolo che sembra uno scherzo) ha liberato i petrolieri perfino in
prossimità dell’Arcipelago delle Tremiti, area marina protetta dal 1989. Qui
Eni avrebbe ottenuto da Petroceltic l’operatività. In tal modo il danno
ambientale sarebbe stato pagato non da Petroceltic ma da Eni la quale, come è
noto, è un’azienda le cui azioni di maggioranza spettano allo Stato italiano.
Il solito denaro pubblico che fa tanta gola a speculatori nostrani e
d’oltralpe.
Non a caso: gli esperti informano che rispetto ai Paesi dell’Europa
orientale, l’Italia è il terzo produttore di petrolio e il quinto di gas con
riserve provate equivalenti a 622m barili di petrolio greggio e
8 TCF (Trilioni di Piedi Cubi) di gas. Sul sito
di Petroceltic viene ricordato con soddisfazione anche che la Strategia
Energetica Nazionale del nostro paese prevede di raddoppiare la produzione domestica
di idrocarburi entro il 2020[2].
I propositi del Governo ottengono l’approvazione dell’Azienda, come se davvero
le decisioni di uno Stato debbano ottenere la convalida di una Compagnia
straniera privata. Non è, d’altra parte, un mistero per nessuno il fatto che il
nostro paese è un paradiso per gli speculatori a causa di carenze normative
e della facilità con cui la mafia riesce
ad infiltrarsi nelle più delicate operazioni dello Stato, rendendo possibile la
realizzazione di attività altrove improponibili.
Fracking
Si parla perfino di pratiche illegali come il fracking. La tecnica
consiste nell’iniezione di fluidi misti a sostanze chimiche, a sabbia o altri
agenti di sostegno che servono a mantenere le fratture aperte nel terreno allo
scopo di stimolare la fuoriuscita di gas e petrolio. In sostanza i fluidi
riescono a propagare una frattura in uno strato roccioso già trivellato e
aumentare poi la quantità di idrocarburo estratto da un giacimento
inaccessibile. Secondo il CRC, questo processo viene attualmente utilizzato
negli Stati Uniti in più del 90% dei pozzi di petrolio e gas. “Ma il rapido e
geograficamente esteso aumento del fracturing
– dicono gli esperti del CRC - ha sollevato preoccupazioni per i suoi
potenziali impatti sulla qualità delle acque sotterranee e dell’acqua potabile
e ha portato alla richiesta di un maggiore controllo da parte dello
Stato”. Infatti il fluido di
fratturazione e l’acqua rimasta nell’area in cui è avvenuta la frattura,
possono inibire la produzione di petrolio e gas e per questo devono essere
ripompate in superficie. Si genera così un ‘riflusso’ del fluido di frattura
che torna in superficie insieme all’acqua che si incontra nelle faglie naturali
del terreno generando la cosiddetta ‘acqua prodotta’. Secondo stime di settore
rilevate nelle varie aree geografiche, il volume dell’acqua di riflusso può
variare da una quantità che va dal circa 30% a più del 70% rispetto al volume
del liquido di frattura originale. Un pozzo può essere fratturato più volte
utilizzando fino a 6milioni di galloni di acqua. Considerando che un gallone
equivale a 4 litri e mezzo, facciamo un po’ due conti.
"Il
ricorso all’uso della fratturazione idraulica - dice ancora il documento di
presentazione della ricerca di IRC - è in continuo aumento
proporzionalmente al decremento dei giacimenti di petrolio e gas e alla
crescita di richiesta di energia. Per questo le compagnie petrolifere si
muovono in direzione delle formazioni non convenzionali di idrocarburi. La
situazione appare preoccupante in quanto
la fame di energia induce le compagnie petrolifere a lavorare anche in aree
densamente popolate e il processo di fratturazione porta all’introduzione
di fluidi chimici, metano ed altri contaminanti[3] negli
acquiferi, da cui si approvvigionano gli acquedotti"[4].
Quale tipo di controllo esiste nel nostro paese?
Se questo
avvenisse al largo del Canale d’Otranto contaminerebbe
le falde da cui si approvvigionano le Terme di Santa Cesarea.
Ufficialmente
la produzione di gas non convenzionale in Italia non esiste. Ma sul sito di Independent Resources, compagnia
inglese vocata all’estrazione di idrocarburi e geograficamente strutturata in
Italia si legge: “IRG holds extensive (…)unconventional gas exploration
interests covering the entire Ribolla shale gas
basin in Italy, and the strategically-positioned Rivara gas storage project in
the Po Valley, in addition to other emerging interests in CO(2) sequestration”.
Cioè: La Independent Resources detiene interessi estensivi per l’esplorazione di gas non convenzionale che ricoprono l’intera area del bacino di gas di scisto
di Ribolla e per il progetto di stoccaggio della zona strategica di Rivara, nella Pianura Padana. E come
abbiamo visto, il gas non convenzionale è quello che viene recuperato
attraverso il fracturing.
All’inizio del 2012 la IR affermava anche di essere sul
punto di sviluppare il primo progetto di gas non convenzionale in Italia tra le
località denominate Fiume Bruna e Casoni.
Mentre a
Febbraio ottiene un Decreto Ministeriale per il Progetto Rivara da parte del
Ministero dell’Ambiente e del Ministero dei beni e delle attività culturali che
danno le autorizzazioni per la raccolta del gas a Rivara, appunto. “Questo
Decreto – dicono da IR - formalizza la
recente decisione della Commissione VIA (valutazione impatto ambientale) del
Ministero dell’Ambiente (…) che ha lo scopo di confermarne definitivamente (…)
la sicurezza e la fattibilità”.
Ci si chiede
come sia stato possibile arrivare a questo dato che esistono studi ed evidenze
che parlano di terremoti e contaminazione della falda acquifera. I terremoti avvenuti
circa tre anni fa in Emilia Romagna portando in superficie fanghi fluidi con un
evidente odore di zolfo, componente chimico di cui gli idrocarburi sono ricchi
alle nostre latitudini, potrebbero essere la prova che il fracking sia stato
praticato anche da noi. Quali controlli sono stati realizzati in merito?
E’ possibile
che nell’ottica della più spietata speculazione finanziaria privata, e non in
quella dei fondamentali diritti sanciti dalla Costituzione italiana[5],
che si sono mosse le leggi nel nostro paese? Non la
sicurezza dei cittadini né la salvaguardia del territorio ma gli interessi in
borsa di compagnie straniere non sempre in grado di dimostrare tracciabilità,
legalità e capitali tali da poter coprire economicamente eventuali – e
probabili - incidenti sul nostro territorio.
Un altro capitolo, quello degli incidenti ambientali, delle bonifiche,
delle ricostruzioni, dei ricollocamenti che, come evidenziato dalle cronache di
queste settimane, rende più del traffico di stupefacenti. Secondo
Giampaolo Schiesaro[6],
avvocato dell’Avvocatura dello Stato di Venezia, anche le bonifiche sono un
affare. “Dietro queste operazioni girano molti soldi, trattandosi di
interventi molto ampi che richiedono l’esborso di notevoli importi economici –
dice – ma il motivo fondamentale è che la bonifica avviene sempre meno a
carico del soggetto responsabile del danno”; non è quindi un costo
accessorio alla produzione ma un “costo
sociale addebitato ai cittadini stessi”.
Denaro pubblico,
dunque, su cui si concentrano gli appetiti di molti. “Sono coinvolti interessi
criminali a vari livelli – continua Schiesaro - del resto il responsabile non
si trova quasi mai”. Infatti nel nostro ordinamento giuridico l’accertamento
del responsabile del danno con sentenza passata in giudicato non esiste (ndr).
Inoltre “spesso le bonifiche possono essere realizzate o semplicemente fatte
figurare come interventi con un certo contenuto tecnico, mentre, in realtà,
sono tutt’altro”.
Non deve stupire, allora, che si dia il via con tanta facilità e
bypassando la volontà e diritti dei cittadini che forniscono alternative
ragionevoli di approvvigionamento energetico.
Nel
corso di una interrogazione parlamentare del 17 ottobre 2012, seduta
n.705 in Commissione Ambiente, i deputati Piffari e Cimadoro denunciano
indagini sismiche non soggette a
verifiche di impatto ambientale – decisione incredibile e inaccettabile in
un territorio ricco di opere artistiche e naturali uniche al mondo e fragili e
delineano il ‘quadro sconcertante’ riguardo il sistema di autorizzazioni con la
‘presenza di numerosi casi di inquinamento delle aste da parte di soggetti non
aventi diritto, sia dal punto di vista patrimoniale, sia dal punto di vista
tecnico, attraverso un'alterazione se non la stessa partecipazione diretta delle cosche alle gare di concessione pubbliche’.
Nel
giugno 2010, ancora Cimadoro denuncia presso il Ministero dello Sviluppo
Economico il fatto che la società San Leon Energy srl, con capitale sociale di soli
euro 10.000, avente sede in via Rubichi n. 93 a Monteroni di Lecce – il sito
corrisponde ad un appartamento disabitato all’interno di una palazzina popolare
- ha presentato al Ministero dello sviluppo economico, in data 21 febbraio
2008, tre domande di ricerca in mare di idrocarburi ottenendo i permessi necessari.
Curioso che sia stato dato credito ad
una società non tracciabile e nata solo l’anno precedente (2007) in un paese la
cui notorietà è dovuta al potere detenuto dalla Sacra Corona Unita.
Per tornare a Petroceltic:
tra gli interessi della compagnia figura un sito all’interno del Golfo di
Taranto, in prossimità della terraferma e uno al largo del Canale d’Otranto,
proprio dove dovrebbe passare la pipeline carica di idrocarburi provenienti dal
Nordafrica. Questa coincidenza non può sfuggire e viene il sospetto che il
Canale non sarà ‘solo’ luogo di passaggio di tubature contenenti materiale
fortemente corrosivo e contaminante. Facile sospettare, invece, che si
trivellerà per pescare idrocarburi off-shore. Sospetto avvalorato da quanto dichiarato
su petrolioegas.it
dove si legge che le prospezioni non sono fine a stesse. Infatti: “Il permesso di ricerca è richiesto e rilasciato al fine del rinvenimento di
giacimenti di idrocarburi e della loro conseguente coltivazione in caso di
scoperta. La coltivazione è quindi concessa al titolare del permesso che abbia
rinvenuto un giacimento idoneo. Le attività di ricerca sono strettamente
connesse a quelle di coltivazione: si ricerca con rischio al fine di scoprire
nuovi giacimenti; non si eseguono delle ricerche senza la prospettiva di godere
dei benefici con la coltivazione qualora un giacimento fosse rinvenuto”.
Triste pensare, d’altra parte, che la certezza vantata già da
alcuni anni dalle compagnie
petrolifere in merito alla quantità e alla natura degli idrocarburi
contenuti nel sottosolo marino al largo delle coste pugliesi, comporta un
fatto: i sondaggi capaci di fornire certezze sulla quantità di petrolio e
gas in Adriatico e Ionio sono stati già operati anni fa a insaputa delle
popolazioni e delle amministrazioni locali. E’ lecito pensare che il
periodo in cui questi sondaggi sono stati realizzati può essere rintracciato in
prossimità di eventi inusuali per le coste salentine: lo spiaggiamento in
contemporanea di 7 cetacei tra i quali una femmina in attesa, avvenuto nel 2009.
Evento mediatico in quanto unico in tutta Europa. Già all’epoca si parlò di air
gun. Gli esperti trovarono bolle di gas nei vasi sanguigni degli animali.
Fatto dovuto ad una repentina risalita in
superficie dei capodogli, probabilmente spaventati da rumori troppo violenti
nei fondali. In seguito si sono verificati casi simili a decine.
Gli air gun vengono utilizzati nel corso delle prospezioni. Sono
armi capaci di sparare onde sismiche ad altissima intensità e capaci di
sprigionare energia pari a quella di una bomba atomica e di fornire indizi
sulla quantità di idrocarburi contenuti nel sottosuolo marino. Secondo
l'ingegner Giuseppe Deleonibus, ingegnere ambientale specializzato in tutela
ambientale e controllo dell'inquinamento, gli air gun si basano su fenomeni di
riflessione e rifrazione delle onde elastiche generate da una sorgente
artificiale, la cui velocità di propagazione dipende dal tipo di roccia, ed è
variabile tra 1.500 e 7.000 metri al secondo (tra 5.400 e 25.200 chilometri orari)
e che tale metodica di ricerca è
ufficialmente annoverata tra le forme riconosciute di inquinamento dalla
proposta di direttiva n. 2006/16976 recante gli indirizzi della strategia comunitaria
per la difesa del mare[7].
Un problema non solo per la vita acquatica in sé ma anche per la nostra a
causa di fusti colmi di contaminanti adagiati sui fondali dell’Adriatico.
Armi chimiche sui fondali
Ancora la Sen. Poli Bortone avvisa il Parlamento
dell’esistenza di circa 20 mila bombe
chimiche in Adriatico meridionale. Si tratta in
maggioranza di bombe all’iprite affondate nel 1943 insieme alla nave
statunitense ‘John Harvey’ ma non mancano ordigni riconducibili alla guerra dei
Balcani. Per non parlare delle navi - 25 registrate dai Lloyd’s di Londra, 40
secondo varie Procure. Navi affondate su cui grava il sospetto del traffico di
rifiuti pericolosi. bombe all'iprite,
dunque, ma anche al fosgene, disfogene, adamsite, acido cianidrico, bombe a
grappolo del tipo blu27, proiettili all'uranio impoverito senza contare che
il basso Adriatico è stato utilizzato fino agli anni '70 per lo smaltimento di
munizionamento militare obsoleto e vi sono stati affondati residuati bellici
provenienti dalla bonifica dei porti pugliesi e da depositi e stabilimenti di
produzione, assemblaggio e sconfezionamento di ordigni. Secondo l’interrogante,
andrebbe anche sottolineato come tali ordigni siano dispersi in un'area
piuttosto ampia, che si estende dai fondali delle aree portuali fino a tratti
di mare a diversa distanza dalla riva, anche per la pratica degli operatori di
riaffondare in ambito portuale i residui bellici accidentalmente salpati[8].
Nel 1974, poi, fece scalpore il caso dell’affondamento della nave
mercantile ‘Cavtat’, avvenuto in circostanze e modalità poco chiare al largo del
Golfo di Otranto.
Secondo il manifesto di bordo, la Cavtat viaggiava con un carico di 2500
tonnellate di cui 270 di piombo tetraetile divise in 900 bidoni e il resto di
‘ferraglia’ e materiale chimico non ben definito. Secondo alcuni poteva
trattarsi di armi anche perché, a differenza di quanto dichiarato in origine,
il cargo salpava dal porto di Manchester[9],
all’epoca noto per via del traffico d’armi. Il carico fu recuperato nei quattro
anni successivi grazie all’impegno profuso dall’allora pretore di Otranto,
Alberto Maritati. Un impegno proseguito malgrado le pressioni esercitate nei
suoi confronti da entità governative e internazionali affinché il carico fosse
lasciato in fondo al mare. L'ultimo
bidone di piombo tetraetile fu portato in superficie il 12 aprile 1978 a
dispetto del parere di una commissione internazionale composta da 12 scienziati
della Nato i quali affermarono che tra il ‘76 e il ‘77 i bidoni avrebbero
iniziato a disperdere il loro contenuto. Il costo dell'intera operazione
ammontò a 15 miliardi di Lire ma riguardò solo i fusti di piombo tetraetile; il
resto del carico, quello che veramente preoccupava la comunità internazionale e
di cui tutt’oggi non si sa nulla, rimase nel relitto. Se si trattava veramente
di armi, per quanto chimicamente letali, è certo che le ragioni che prevalsero
nella gestione della faccenda non furono di natura ambientale e le priorità
rispetto ai rischi che si volevano evitare portavano a ritenere che qualsiasi
rischio ambientale era sempre meglio di altri rischi. Sembra essere una
costante in molti casi.
Il catrame
pelagico
Un'altra
questione riguarda il catrame pelagico
che giace sui fondali del Mediterraneo: 38mg per metro quadro a fronte dei
10 mg del Mare dei Sargassi e 3,8 del Mare del Giappone. Quando le onde vengono
sparate dagli air gun quel materiale si rimescola e va in circolo. Se questo
avviene in un mare sostanzialmente chiuso come è l’Adriatico, un mare inadatto
a smaltire le sostanze inquinanti, si comprende cosa avverrebbe alle specie
ittiche che ancora circolano. E a noi, ultimo anello della catena alimentare[10].
La questione
è più che un’eventualità dato che lo scorso anno (febbraio 2014) è stata
documentata la presenza di ampie chiazze di catrame sulla riva di alcune
spiagge salentine. La Sen. Adriana Poli Bortone nel corso di un’interrogazione
parlamentare dell’ 11.11.2011 ricorda che “(…) il suono viaggia
nell'acqua circa quattro volte più in fretta che nell'aria (la velocità di
propagazione del suono in aria è di 343 metri al secondo, in acqua di circa
1.483 metri al secondo), per cui le onde hanno la potenzialità di diffondersi
su raggi molto elevati, anche di 100 chilometri e a ridosso dell'air gun si
possono misurare picchi di pressione dell'ordine di 230 dB (a mero paragone,
un'esplosione nucleare in mare ha un valore di 300-310 decibel)”. Poli Bortone
ricorda ancora gli studi del Norwegian institute of marine research i quali
hanno messo in evidenza una diminuzione delle catture di pescato fino al 50 per
cento in un'area distante fino a 2.000 metri dalla sorgente durante l'utilizzo
di air gun”.
Recenti studi
e inchieste
condotti in aree compromesse hanno dimostrato la minaccia che queste attività
rappresentano per la specie umana. Così come i metalli pesanti, anche gli
idrocarburi tendono ad accumularsi in alcuni tessuti degli esseri viventi.
Attraverso cibo o bevande contaminate o per via cutanea, queste sostanze si
diffondono rapidamente perché liposolubili e dunque in grado di attraversare le
membrane cellulari e depositarsi nei tessuti adiposi e negli organi drenanti
(reni e fegato). Da qui vengono metabolizzati in pochi giorni ed eliminati. Ma
nel frattempo hanno avuto modo di legarsi a DNA ed RNA provocando dunque
alterazioni genetiche, malformazioni gravi e interferenze gravi con il corretto
funzionamento del sistema endocrino.
Di queste circostanze si è discusso in Parlamento. Dunque cosa non è chiaro
a chi ha chiuso intese irregolari accordando i necessari permessi per
prospezioni e trivellazioni?
Non
è un caso se il presente scritto segnali interventi avvenuti in Parlamento: non
c’è niente di quanto evidenziato fin qui che non sia risaputo da chi, volta
dopo volta, in modo più o meno pertinente, prende decisioni non richieste - e
motivatamente avversate dai cittadini - che danneggiano gravemente l’incolumità
delle popolazioni locali di tutto il paese.
Secondo
il parere della sottoscritta si configurerebbe il reato di delitto contro lo Stato, punibile dal Codice Penale (in
particolare Art.241[11]
e 246[12]).
E non valgono le giustificazioni di solito accampate in questi casi di ‘agire
nel superiore interesse dello Stato’. Esistono alternative valide agli
idrocarburi: dalla tecnologia al plasma (utile anche all’annoso problema dei
rifiuti) all’energia geotermica, dal minieolico all’energia solare (soggetta ad
una campagna pubblicitaria di disinformazione secondo cui è troppo costosa e
quindi poco conveniente rispetto all’energia nucleare). Il nostro Paese
potrebbe diventare una potenza energetica pulita e l’industria delle
rinnovabili sarebbe capace di potenziare la produttività. Secondo l’Ing. Antonio De Giorgi del direttivo di Italia Nostra Sud, “Fonti
rinnovabili significa democrazia ma negli
ultimi anni abbiamo perso posti per 100mila persone che lavoravano nel
fotovoltaico. Le nostre aziende - puntualizza – erano il fiore
all’occhiello nella produzione internazionale e sono dovute andare all’estero
perché il Governo un paio d’anni fa ha azzerato il fotovoltaico con marchingegni legislativi”. E a
proposito di chi sostiene che il fotovoltaico sia insufficiente afferma che: “Chi
dice queste cose in pubblico spacciandosi per esperto dovrebbe vergognarsi
perché non è vero: con le rinnovabili l’energia diventa un bene comune,
possiamo essere autosufficienti, sono il modello verso cui stiamo andando;
possiamo decidere se essere protagonisti del cambiamento”.
Malgrado negli ultimi anni questi argomenti siano stati dibattuti a livello
mondiale, continuiamo a dover affrontare questi disegni criminali.
L’impressione è che il cittadino debba difendersi dallo Stato o da coloro
detengono il potere, colpevoli di stragi che si perpetuano nel tempo, rimanendo
impune grazie ad una fitta rete criminale. L’idea di welfare e democrazia è
lontana, invisibile.
[1]
Interrogazione a risposta scritta 4 - 06237 presentata da ADRIANA POLI BORTONE
venerdì 11 novembre 2011, seduta n.636
venerdì 11 novembre 2011, seduta n.636
[2] “Italy is the third largest producer of oil and the
fifth largest of gas in Western Europe. Proven reserves in Italy to date exceed
622m barrels of crude oil and 8 TCF of gas. Recent years have seen a
considerable increase in the level of interest in Italy’s energy resources and
a greater number of companies have been attracted to the area.
As a large net
importer of hydrocarbons, there is a large market for domestically produced
gas. Italy is also seen by many as being a likely hub for gas import into
Europe. The development of a series of pipelines linking Italy to major gas
producers such as Algeria, and Libya and the development of new LNG terminals
will ensure that Italy can fulfill this role.
Petroceltic
has had a strong presence in Italy since 2005. The current portfolio consists
of two permits
(1 operated) in the western Po Valley and four permits (all operated) in the central Adriatic area.
(1 operated) in the western Po Valley and four permits (all operated) in the central Adriatic area.
Currently the
Italian government is developing a National Energy Strategy which aims to
double domestic hydrocarbon production by year 2020. In order to achieve this
it is recognized that Italian permitting regulations will need to be aligned
with European standards and that authorisation timelines need to be reduced. It
is clear that the Italian Government sees the upstream sector as a potential
key source of jobs, growth and energy security and intends to take active steps
to improve the regulatory landscape to encourage and facilitate investments and
development. Petroceltic welcomes this approach and believes that it will
enable development and growth of our Italian portfolio”. Su:
http://www.petroceltic.com/operations/italy.aspx
[3] Le acque, utilizzate nel processo di
fratturazione idraulica sono spesso addizionate a diverse sostanze pericolose,
tra le quali naftalene, benzene, toluene, xylene, etilbenzene, piombo, diesel,
formadeldeide, acido solforico, tiourea, cloruro di benzile, acido
nitrilotriacetico, acrilamide, ossido di propilene, ossido di etilene,
acetaldeide, ftalati, cromo, cobalto, iodio, zirconio, potassio, lanthanio,
rubidio, scandio, iridio, krypton, zinco, xenon e manganese
[4] La IEA, l'Agenzia Internazionale per
l'Energia, nel documento «Golden Rules for a Golden Age of Gas» del
2012, ha posto in luce possibili problemi derivanti da un eccessivo
sfruttamento di questi idrocarburi;
i molteplici effetti del fracking sono stati analizzati anche da un rapporto ordinato dalla Commissione ambiente del parlamento europeo, pubblicato nel luglio 2011 (Impacts of shale gas and shale oil extraction on the environment and on human health). La principale fonte di preoccupazione è la contaminazione delle falde acquifere – sotterranee e superficiali – dovute a fuoriuscite di fluidi di fratturazione contenenti additivi chimici o di acque reflue contenenti gas metano disciolto, fango e sostanze chimiche (ad esempio metalli pesanti) e radioattive eventualmente provenienti dal giacimento;
i molteplici effetti del fracking sono stati analizzati anche da un rapporto ordinato dalla Commissione ambiente del parlamento europeo, pubblicato nel luglio 2011 (Impacts of shale gas and shale oil extraction on the environment and on human health). La principale fonte di preoccupazione è la contaminazione delle falde acquifere – sotterranee e superficiali – dovute a fuoriuscite di fluidi di fratturazione contenenti additivi chimici o di acque reflue contenenti gas metano disciolto, fango e sostanze chimiche (ad esempio metalli pesanti) e radioattive eventualmente provenienti dal giacimento;
[5] L’Art.32 tutela la salute e il diritto degli individui a
vivere in un ambiente salubre e di
fruire dei servizi minimi sufficienti per l’integrità fisica e sociale
dell’ambiente”.
[7]
Interrogazione a risposta scritta 4 - 06237 presentata da ADRIANA POLI BORTONE
venerdì 11 novembre 2011, seduta n.636
venerdì 11 novembre 2011, seduta n.636
[8]
Interrogazione parlamentare al Ministro dell'ambiente del 22 settembre 2004 del
senatore Franco Danieli
[9]
All’epoca dei fatti si sospettò che il carico dovesse servire alla guerra turco-cipriota caldeggiata dalla Cia. Proprio a Manchester, infatti, esisteva un enorme deposito d'armi appartenente a Samuel Cummings ex agente dell'organizzazione americana e indiscusso re del traffico d’armi su larga scala. La sua compagnia, la Interarms, registrava un fatturato annuo che ammontava mediamente a 100milioni di dollari provenienti da accordi stretti con dittatori, despoti, rivoluzionari e controrivoluzionari che alimentavano tra le altre, le guerriglie centro americane, senza fare distinzione di bandiera. L’affondamento della Cavtat avvenne alle 4.12 del 14 luglio 1974 quando entrò in collisione con la 'Lady Rita', battente bandiera panamense, e comandata dal napoletano Carmine Laudato. Colpiscono alcuni particolari: l’imbarcazione non affondò dal punto in cui venne colpita e poi l’affondamento durò 6 ore durante le quali non fu mai lanciato l’SOS. Non fu mai possibile stabilire ufficialmente un legame tra l’affondamento della Cavtat e la guerra di Cipro ma i fatti avvennero giusto pochi giorni prima dell’invasione turca (20 luglio 1974) mentre le operazioni di recupero terminarono a guerra finita.
All’epoca dei fatti si sospettò che il carico dovesse servire alla guerra turco-cipriota caldeggiata dalla Cia. Proprio a Manchester, infatti, esisteva un enorme deposito d'armi appartenente a Samuel Cummings ex agente dell'organizzazione americana e indiscusso re del traffico d’armi su larga scala. La sua compagnia, la Interarms, registrava un fatturato annuo che ammontava mediamente a 100milioni di dollari provenienti da accordi stretti con dittatori, despoti, rivoluzionari e controrivoluzionari che alimentavano tra le altre, le guerriglie centro americane, senza fare distinzione di bandiera. L’affondamento della Cavtat avvenne alle 4.12 del 14 luglio 1974 quando entrò in collisione con la 'Lady Rita', battente bandiera panamense, e comandata dal napoletano Carmine Laudato. Colpiscono alcuni particolari: l’imbarcazione non affondò dal punto in cui venne colpita e poi l’affondamento durò 6 ore durante le quali non fu mai lanciato l’SOS. Non fu mai possibile stabilire ufficialmente un legame tra l’affondamento della Cavtat e la guerra di Cipro ma i fatti avvennero giusto pochi giorni prima dell’invasione turca (20 luglio 1974) mentre le operazioni di recupero terminarono a guerra finita.
[10]I
sedimenti delle piattaforme possono subentrare nella catena alimentare anche
per un raggio di 10 chilometri dal punto di emissione.
[11] “Salvo che il
fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e
idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla
sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità
dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche”.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche”.
Codice Penale,
Libro Secondo, Dei Delitti in Particolare, Titolo 1: Dei delitti contro la
personalità dello Stato, Capo 1: Dei delitti contro la personalità
internazionale dello Stato, Art.241 – Delitti contro l’integrità,
l’indipendenza o l’unità dello Stato.
[12]
Il cittadino che, anche indirettamente, riceve o si fa promettere dallo
straniero, per sé o per altri, denaro o qualsiasi utilità, o soltanto ne
accetta la promessa, al fine di compiere atti contrari agli interessi
nazionali, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la
reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 516 a euro 2.065.
Alla stessa pena soggiace lo straniero che dà o promette il denaro o l'utilità.
La pena è aumentata:
1) se il fatto è commesso in tempo di guerra ;
2) se il denaro o l'utilità sono dati o promessi per una propaganda col mezzo della stampa.
Alla stessa pena soggiace lo straniero che dà o promette il denaro o l'utilità.
La pena è aumentata:
1) se il fatto è commesso in tempo di guerra ;
2) se il denaro o l'utilità sono dati o promessi per una propaganda col mezzo della stampa.