Il suono dell'universo.

mercoledì 26 febbraio 2014

Northern Petroleum: interessi in Adriatico meridionale

http://www.northernpetroleum.com/operations/italy/
Gli interessi di Northern Petroleum in Italia
Di Chiara Madaro

Secondo l'art.6, comma 2, della legge n. 9 del 1991 non è possibile concedere prospezioni su superfici estese oltre i 750 Km quadrati. Tuttavia sul sito di Northern Petroleum si parla di un interesse per alcune aree al largo delle coste pugliesi. La NP è già riuscita ad ottenere due permessi per una zona marina che in totale misura 4.700Km2.

mercoledì 19 febbraio 2014

Italia: i costi economici e sociali dell'illegalità


 
 
AGROMAFIE E ZOOMAFIE
È di 10 miliardi di euro il valore annuo stimato dei profitti illegali legati al mondo dell’agricoltura e di 3 miliardi il business delle zoomafie (Fonte: Legambiente)
 
AMMINISTRATORI SOTTO TIRO
Nel corso del 2011, Avviso Pubblico ha censito 270 atti di intimidazione e di minaccia nei confronti di amministratori locali e di personale della Pubblica Amministrazione, il 27% in più rispetto al 2010. I dati sono così suddivisi: 233 atti intimidatori diretti - 200 contro amministratori pubblici (il 74% a livello nazionale), 33  contro impiegati e dirigenti della Pubblica Amministrazione (il 12% a livello nazionale) - e 37 atti intimidatori indiretti contro scuole, magazzini, mezzi ed altre strutture comunali (il 14% a livello nazionale).
 
BENI E AZIENDE CONFISCATE
Sono 11.238 i beni immobili e 1.708 le aziende confiscate alla criminalità organizzata e alle mafie. Il 43% si trova in Sicilia, il 15% in Campania, il 14% in Calabria. La quarta regione per numero di beni confiscati (1.186) è la Lombardia. Dall'inizio della crisi, le confische sono aumentate del 65%, un dato allarmante che dimostra la pervasività delle infiltrazioni mafiose nella nostra economia (Fonte: Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Dati al 7 gennaio 2013)
 
CAPORALATO
Circa 400.000 persone in tutta Italia, di cui 100.000 (prevalentemente stranieri) costretti sono costretti a subire forme di ricatto lavorativo e a vivere in condizioni fatiscenti in agricoltura. Il caporalato, in questo settore, sottrae alle casse dello Stato in termini di evasione contributiva 420 milioni di euro ogni anno. Nei primi undici mesi del 2012 sono state arrestate 435 persone per: riduzione in schiavitù, tratta e commercio di schiavi, alienazione e acquisto di schiavi. Dall'entrata in vigore del reato di caporalato (settembre 2011) le persone denunciate o arrestate sono solo 42. La metà degli arresti al centro-nord (Fonte: FLAI-Cgil)
 
COMUNI SCIOLTI PER MAFIA
Dal 1991 al 31 dicembre 2012 in Italia sono stati emessi 227 decreti di scioglimento di consigli comunali per sospetto di infiltrazione mafiosa, così suddivisi: Campania 91; Calabria 64; Sicilia 58; Puglia 7; Piemonte 3; Liguria 2; Basilicata 1 e Lazio 1. Nel 2012 i comuni sciolti sono stati 25 (Fonte: elaborazione su dati del Ministero dell’Interno).
 
CONTRAFFAZIONE
Il fatturato della contraffazione in Italia è stimato in 6,9 miliardi di euro e sottrae 110.000 posti di lavoro regolari. I settori più colpiti sono quelli dell'abbigliamento e degli accessori, il comparto Cd, Dvd e software e quello dei prodotti alimentari, settore, quest’ultimo, in cui negli ultimi 10 anni le contraffazioni dei prodotti italiani sono aumentate del 128% (Fonte: Censis, Commissione parlamentare d’inchiesta sulla contraffazione).
 
CORRUZIONE
La corruzione in Italia sottrae risorse per 60 miliardi di euro l’anno. Essa produce diversi danni: nega la meritocrazia, e il principio della libera concorrenza; aumenta del 40-50% il costo delle opere pubbliche; produce disoccupazione, disservizi del settore pubblico, sprechi e ineguaglianze sociali, inquina la democrazia (Fonte: Corte dei Conti, www.riparteilfuturo.it)
 
DROGA
Complessivamente, attraverso 20.703 operazioni di contrasto, i sequestri di droga nel 2011 sono stati di 39.360 kg. Le persone segnalate all’A.G. sono state 36.796. I decessi per droga dal 2007 al 2011 sono stati 2.343, pari ad una media di 1,3 al giorno. Quello della droga costituisce il primo mercato illecito per le mafie e il crimine organizzato.
 
ECOMAFIE
Nel 2011, in materia di reati ambientali si sono registrate: 33.817 infrazioni (93 al giorno, 4 ogni ora); 27.969 persone denunciate; 305 persone arrestate; 8.765 sequestri effettuati. Il fatturato stimato per il 2011 è di 9,4 miliardi di euro. Le ecomafie producono seri danni alla salute delle persone, alla bellezza del paesaggio e alla sicurezza del territorio (Fonte: Legambiente)
 
ESTORSIONI
Dal 1° luglio 2011 al 30 giugno 2012, sono state registrate 4.968 denunce per il reato di estorsione. Le prime tre regioni: Campania (890), Lombardia (690) e Lazio (519). Seguono: Puglia (517), Sicilia (511) e Piemonte (279). Sono stimate in circa 160.000 le imprese commerciali soggette ad estorsione (Fonte: Direzione investigativa antimafia e SOS Impresa/Confesercenti).
 
ECONOMIA SOMMERSA ED EVASIONE FISCALE
L’ampiezza dell’economia sommersa è stimata fra 255 e 275 miliardi di euro, con un’incidenza tra il 16,3% e il 17,5 % del Pil, con una imposta evasa che è superiore ai 100 miliardi di euro. In Italia a dichiarare oltre 300 mila euro lordi all'anno sono 28 mila soggetti su 41,3 milioni di contribuenti. Il 5% dei contribuenti più ricchi possiede il 22,9% del reddito complessivo dichiarato, pari a quello del 55% dei contribuenti più poveri. Nel 2012 le indagini portate avanti dalla Guardia di Finanza hanno portato alla luce 8.617 evasori totali (Fonte: Banca d’Italia, Istat, Ministero dell’Economia e quotidiani economici).
 
GIOCO D’AZZARDO
Nel 2011 l’Italia è stato il primo Paese europeo e il terzo al mondo per volume d’affari del gioco d’azzardo. Nei primi 10 mesi del 2012 sono stati raccolti 70 miliardi di euro dal comparto dei giochi legali. La spesa pro capite degli italiani per il gioco d’azzardo è stata di 1.703 euro. Il Fisco incassa dalle giocate online un miserissimo 0,6%. Sono 800.000 le persone affette da gioco d’azzardo patologico (GAP) in Italia e due milioni i giocatori a rischio. I costi sociali del GAP sono diversi: perdita del posto di lavoro, dilapidazione dei risparmi, violenza famigliare, divorzi, stress e depressione, omicidi e suicidi, aumento della criminalità organizzata. Sono stati censiti 49 clan coinvolti nel controllo dei giochi illegali e non. (Fonte: Aams, Avvenire, Mettiamoci in gioco, Corriere della Sera, Libera)
 
MAFIE
Esistono stime molto differenti tra di loro in merito alle stime del fatturato annuo delle mafie italiane. Secondo la Commissione parlamentare antimafia esso è pari a 150 miliardi di euro, mentre secondo Transcrime in 25,7 miliardi di euro (l’1,7% del Pil). Le principali attività illegali attribuite alle organizzazioni mafiose: sfruttamento sessuale, traffico illecito di armi da fuoco, droghe, contraffazione, gioco d’azzardo, traffico illecito di rifiuti, traffico illecito di tabacco, usura ed estorsioni (Fonte: Commissione parlamentare antimafia).
 
OPERAZIONI FINANZIARIE SOSPETTE
Dal 1° luglio 2011 al 30 giugno 2012, sono state registrate 24.892 operazioni finanziarie sospette, così suddivise: 45% Italia settentrionale; 29% Italia centrale; 26% Italia meridionale e isole. Le prime tre regioni per numero di segnalazioni sono: Lombardia, Lazio, Campania. A segnalare sono soprattutto gli enti creditizi e la pubblica amministrazione. (Fonte: Direzione investigativa antimafia su dati della Banca d’Italia/Unità di informazione finanziaria)
 
RICICLAGGIO
Dal 1° luglio 2011 al 30 giugno 2012, sono state registrate 1.145 denunce per il reato di riciclaggio. Le prime tre regioni: Campania (157), Lazio (101) e Sicilia (92). Seguono: Lombardia (87), Liguria (87) e Puglia (84) (Fonte: Direzione investigativa antimafia)
 
USURA
Dal 1° luglio 2011 al 30 giugno 2012, sono state registrate 236 denunce per il reato di usura. Le prime tre regioni: Campania (46), Lombardia (29) e Lazio (26). Seguono: Puglia (25), Sicilia (24) e Piemonte (18). Tra il 2008 e il 2011 l’incidenza dell’usura criminale mafiosa sui casi denunciati è passata dal 20% al 40%. Si calcola che non meno di 200 mila commercianti siano strozzati da rapporti usurai. Il giro d'affari in Italia dell'usura si aggira intorno ai 20 miliardi di euro. (Fonte: Direzione investigativa antimafia e SOS Impresa/Confeserce

domenica 16 febbraio 2014

L'Europa sulla ricerca degli idrocarburi: interrogazione e risposta su ispezioni subacquee


Secondo l'Euro-parlamentare Andrea Zanoni: “Il peso delle lobby dell'energia fossile ha impedito alla maggioranza degli eurodeputati di approvare una normativa più severa sulle trivellazioni offshore che avrebbe esorcizzato il pericolo di un disastro ambientale nel Mediterraneo o nel Mare del Nord”. Lo dice all'indomani della giornata del 21 maggio 2013, quando il Parlamento europeo ha approvato a Strasburgo un rapporto che chiede nuovi standard di sicurezza nelle operazioni offshore di petrolio e gas. La risposta che è possibile leggere qui di seguito in merito all'interrogazione parlamentare  del 25 novembre 2013 appare insufficiente. A fronte delle chiare denunce espresse dall'euro-deputato, infatti, la Commissione risponde di essere già a conoscenza dei fatti ma non fa menzione a sanzioni.

 
Interrogazioni parlamentari
25 novembre 2013
E-013366-13

http://www.andreazanoni.it/it/news/comunicati-stampa/gas-e-petrolio-nelladriatico-zanoni-lambiente-la-salute-e-il-turismo-balneare-vengano-prima-dei-profitti-delle-multinazionali.html
L'Eurodeputato Andrea Zanoni
Interrogazione con richiesta di risposta scritta
alla Commissione
Articolo 117 del regolamento
Andrea Zanoni (ALDE)



Oggetto:  Ispezioni subacquee della società norvegese Spectrum alla ricerca di idrocarburi lungo le coste croate del mar Adriatico e possibile perturbazione dell'ecosistema marino

 
Dall'inizio di settembre del 2013 la società norvegese Spectrum sta effettuando la scansione dei fondali del mar Adriatico lungo le coste croate alla ricerca di giacimenti di idrocarburi (greggio e metano) intrappolati nelle rocce; per l'esattezza, le ricerche interessano un'area di 12.000 chilometri quadrati(1). L'attività verrebbe effettuata gratuitamente e spontaneamente da parte della società stessa, senza pertanto che sia stata in precedenza indetta alcuna gara pubblica. La metodologia operativa utilizzata, tuttavia, è fonte di inquinamento acustico subacqueo e desta non poche perplessità in ordine ai suoi possibili effetti negativi sull'ecosistema marino. Secondo Sigrid Lüber, presidente dell'Organizzazione internazionale per la difesa del mare «Ocean Care», la tecnica adoperata dallo speciale sottomarino utilizzato nell'attività ispettiva si chiamerebbe «2D» e prevedrebbe l'emissione ogni dieci secondi di un muro di onde sonore di 240-260 decibel, molto più forte, pertanto, di quello originato dai motori di un jet in fase di decollo, che non superano i 140 decibel(2). «Ocean Care», infatti, si è attivata per chiedere l'interruzione di tali attività almeno sino all'adozione di misure di contenimento del rumore e denuncia, in particolare, l'assenza di confronto pubblico con le autorità, nonostante vi siano enormi rischi per il patrimonio ittico croato e per lo sviluppo turistico del paese(3). Secondo Draško Holcer, presidente dell'ONG croata Blue World Institute of Marine Research and Conservation (BWI), le specie ittiche più a rischio sarebbero i delfini e le balene che possono percepire le onde sonore anche a chilometri di distanza; onde di tale intensità, in particolare, danneggerebbero il loro sistema uditivo provocando lesioni ed emorragie e, a lungo andare, la loro fuga dall'habitat(4). Si segnala, infine, che lungo alcune coste italiane sempre dell'Alto Adriatico si sta verificando una concomitante ecatombe di tartarughe marine comuni (Caretta caretta), con 165 esemplari morti in meno di due mesi; gli esperti, tuttavia, ritengono che essa sia probabilmente dovuta ad altre cause(5).
Tutto ciò premesso, la Commissione:
1.è a conoscenza dello svolgimento di tale attività di ricerca subacquea di idrocarburi nel mar Adriatico mediante l'utilizzo della controversa tecnica poc'anzi illustrata?
2.Può chiarire se ritiene la stessa rispettosa della normativa UE di settore e, in caso negativo, se intende contattare le autorità croate in proposito?

(1)Cfr. articolo del quotidiano «La Voce del Popolo»: http://goo.gl/yPwGKs.
(2)Cfr. articolo del quotidiano «Il Piccolo» di Trieste: http://goo.gl/0jmkX6.
(3)Cfr. pagina dedicata alla questione nel sito web dell’organizzazione: https://www.oceancare.org/en/alarm_campaign_croatia/.
(4)La società in questione ha già svolto simili «sondaggi» nel Mediterraneo orientale, nel Mare del Nord, nel Golfo del Messico e lungo le coste di Brasile, Uruguay, Indonesia e Sud Africa. I vertici della stessa precisano di rispettare i parametri internazionali e che le operazioni vengono svolte previa verifica dell'assenza di cetacei nel raggio di un chilometro. La società ricorda altresì che la propagazione del suono nell'acqua è inferiore rispetto a quanto non accada nell’aria.
(5)Cfr. articolo del quotidiano «Corriere della Sera»: http://goo.gl/iaXQaC.

Ultimo aggiornamento: 17 dicembre 2013

RISPOSTA:
 
IT

E-013366/2013

Risposta di Janez Potočnik

a nome della Commissione

(30.1.2014)

La Commissione è a conoscenza delle attività di ricerca subacquea menzionate dall’onorevole deputato.

 Gli operatori devono rispettare le disposizioni delle direttive Uccelli selvatici[1] e Habitat[2], sotto la responsabilità dell’autorità competente croata. In particolare, gli Stati membri devono adottare provvedimenti che vietino di perturbare deliberatamente le specie marine rigorosamente tutelate come i cetacei e le tartarughe marine, in conformità all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Habitat. Tra gli elementi da tenere in considerazione ai fini del rilascio dei permessi vanno annoverati anche gli effetti prodotti sugli ecosistemi marini e sugli habitat vulnerabili, e ciò nel rispetto del protocollo offshore della Convenzione di Barcellona per la protezione dell’ambiente marino e del litorale del Mediterraneo, alla quale l’UE ha aderito nel 2012. La Commissione è attualmente impegnata a verificare se tutti gli obblighi sono stati rispettati ed è in attesa che le autorità croate competenti le forniscano chiarimenti sul progetto in questione.

Inoltre, la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino[3] fa obbligo agli Stati membri di elaborare strategie per l’ambiente marino finalizzate al conseguimento di un buono stato ecologico delle rispettive acque entro il 2020. L’inquinamento acustico subacqueo costituisce uno dei principali problemi da affrontare. I Direttori delle Acque degli Stati membri hanno approvato recentemente un documento, di prossima pubblicazione, contenente delle linee guida per il monitoraggio dell’inquinamento acustico subacqueo.


[1]     Direttiva 2009/147/CE.
[2]     Direttiva 92/43/CEE del Consiglio.
[3]     Direttiva 2008/56/CE.

venerdì 14 febbraio 2014

Interrogazione su illegittima ricerca idrocarburi


 Atto Camera  
   
 Interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-08156 presentata da SERGIO MICHELE PIFFARI  
 mercoledì 17 ottobre 2012, seduta n.705  
 PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:  

   
 nell'ambito del diritto dell'Unione europea la direttiva è uno degli atti che il Parlamento, congiuntamente con il Consiglio, può adottare per l'assolvimento dei compiti previsti dai trattati, perseguendo un obiettivo di armonizzazione delle normative degli Stati membri; la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi (articolo 288 TFUE, 3o comma);  

   
 in data 19 settembre 2012, il Parlamento europeo, nell'ambito della discussione del progetto di legge comunitario sulla trivellazione off shore del relatore on. Justas Paleckis, ha espresso un principio preventivo in ordine ad un    chi inquina paga   :   la Commissione ambiente ha approvato con 55 voti a favore e 10 contrari una mozione che recita:    Le compagnie petrolifere devono essere ritenute responsabili dei costi e di tutti gli eventuali danni ambientali ed avere i mezzi per pagarli, altrimenti non potranno ricevere le licenze per trivellare nelle acque europee   ;  

   
 il relatore, Paleckis, ha rimarcato che    La legislazione dovrà esigere più chiaramente dagli sfruttatori che mettano in campo le garanzie finanziarie necessarie per coprire i costi legati al disinquinamento ed all'indennizzo in caso di grandi incidenti. Questa decisione è conforme ad un principio chiave della legislazione dell'Unione in materia di ambiente e cioè "chi inquina paga"   ;  
   

 in data 9 ottobre 2012 la commissione ha varato il testo della sovracitata mozione a larga maggioranza (48 a favore, 7 contrari e un'astensione); si attende ora un unico voto della plenaria del Parlamento europeo entro l'anno;  
   

 a livello nazionale la ricerca e la coltivazione di idrocarburi si inquadrano nel contesto del cosiddetto diritto minerario ma rientrano anche nel settore energetico (materia di legislazione concorrente Stato/regioni secondo la costituzione; come purtroppo accade per molte materie, per ottenere un quadro completo delle norme che regolano queste attività, occorre sovrapporre la lettura di un buon numero di leggi che si sono succedute nel tempo (dal regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443 alla legge 23 luglio 2009, n. 99); in estrema sintesi, si può dire che i giacimenti di idrocarburi sono di proprietà dello Stato (sistema demaniale), che la loro ricerca e sfruttamento sono considerati di interesse pubblico e vengono effettuati da imprese private (italiane, comunitarie o provenienti da Paesi per i quali esiste reciprocità nei riguardi di imprese italiane) in un regime giuridico di concessione (titolo minerario);  
   

 gli interroganti, in data 3 ottobre 2012, comunicava a mezzo stampa la propria preoccupazione in merito alle notizie riportate da numerosi organi di stampa (ansa.it, Corrieredellasera.it) riguardanti le concessioni in sanatoria del Ministro dello sviluppo economico sulle autorizzazioni per la trivellazione nei nostri mari a meno di 5 miglia dalla costa dello Stato; inoltre nella nota si eprimeva un'adeguata preoccupazione riguardo all'armonia tra le disposizioni nazionali e le normative europee, poiché se da un lato si permetteva la creazione di un rischio ambientale per opera di soggetti privati non aventi i requisiti, dall'altro si esponeva lo Stato ad un nuovo procedimento d'infrazione delle disposizioni europee;  
   

 si è appreso da un articolo pubblicato dal Corriere della Sera del giorno 4 ottobre 2012 che in Lombardia sono state concesse numerose autorizzazioni per l'esplorazione. C'è la multinazionale Exploenergy per un'area di 290 chilometri quadrati tra Bergamo, Brescia e Cremona; c'è la Compagnia generale idrocarburi, con il progetto Momperone, e il colosso nazionale Enel Longanesi con Rocca Susella, 360 chilometri tra Varzi e Voghera, nel Pavese, e Tortona, nell'Alessandrino, tutta terra di vigneti doc, per cercare idrocarburi, soprattutto gas; ma c'è anche l'americana Mac Oil, che ha già avuto il via libera dalla Regione Lombardia per il progetto San Grato e ora sta aspettando quello del ministero per avviare un'indagine sismica non soggetta a verifica di impatto ambientale per individuare eventuali giacimenti e poi perforare qualche pozzo esplorativo tra Cremona, Lodi, Milano e Pavia. Sempre riportato dal menzionato articolo sono quattordici i permessi di ricerca già concessi, mentre undici in oltre 40 comuni sono quelli in fase di valutazione, quasi una richiesta per provincia lombarda, tutte coinvolte tranne Lecco e Sondrio. I petrolieri stessi, tramite Assomineraria, hanno già fatto sapere di essere pronti a estrarre tutto il nostro oro nero, investendo nell'arco dei prossimi quattro anni 12 miliardi di euro per nuovi impianti produttivi in tutta Italia;  
   

 da numerose fonti di stampa del luglio 2012 (La Repubblica, Il Sole 24 Ore, AGI) si è venuti a conoscenza di un quadro sconcertante riguardo il sistema di autorizzazioni volto allo sfruttamento delle energie eolico/solari nel nostro Paese. Il settore pubblico/privato infatti ha visto emergere numerosi casi di inquinamento delle aste da parte di soggetti non aventi diritto, sia dal punto di vista patrimoniale, sia dal punto di vista tecnico, attraverso, come nel caso di Sicilia e Calabria, un'alterazione se non la stessa partecipazione diretta delle cosche alle gare di concessione pubbliche    :  
   

 alla luce dei fatti riportati, se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tali attività e quali azioni di propria competenza abbia intrapreso al fine di tutelare l'ambiente e l'ecosistema delle aree interessate. (5   08156) 
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    giovedì 13 febbraio 2014

    Idrocarburi: la cassaforte d'Italia minacciata dalla oil&gas connection

    Secondo il Gruppo di intervento giuridico questa cartina mostra la 'cassaforte' ambientale italiana.




    Qui sotto la cartina delle piattaforme operanti o in attesa di ricevere concessione dal Ministero. Ma secondo dati aggiornati al 20 settembre 2013 (http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it) in Italia oggi esistono 719 pozzi produttivi per il gas e 168 per il petrolio, 693 potenzialmente produttivi ma non eroganti, 22 destinati ad altro utilizzo - ad esempio per il monitoraggio - e 6 potenzialmente utilizzabili per lo stoccaggio. Ai sensi della  Legge quadro sulle aree protette datata 6 dicembre 1991 n. 394, la perforazione o qualsiasi altra forma di ricerca riconosciuta come inquinante dovrebbe essere impraticabile. La Legge vieta, infatti, l’apertura e il rilascio di cave, miniere e discariche nonché l’asportazione di minerali nelle zone interessate tra cui, naturalmente, gli idrocarburi a causa dell’alto potere contaminante.
    Al punto 1 dell’Art.1 si afferma: “La presente legge, in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, detta princìpi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese”. Nel corso del 2008 e successivamente nel 2010 su impulso di due diversi governi, si avviò l’istituzione di una commissione per ogni area marina protetta ricadente sul territorio nazionale. Queste commissioni dovevano essere composte da persone indicate dalle associazioni ambientaliste riconosciute dal Ministero e da osservatori del Ministero. L’iniziativa fu revocata in entrambe i casi: la prima volta a causa dell’improvvisa caduta del Governo e la seconda volta perché il Paese entrava nel suo primo anno di crisi e il Ministero subì un taglio delle risorse economiche pari al 50% del dovuto.
    La legge afferma ancora: “In dette aree possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive compatibili". Cosa c'è di compatibile tra aree protette e idrocarburi?




     
    Piattaforme operanti e in attesa di conferma

    martedì 11 febbraio 2014

    Petrolio in Adriatico: catrame pelagico a Spiaggiabella. Colpa degli air gun?


    di Chiara Madaro
    http://www.trnews.it/2013/12/29/cumuli-di-catrame-spiaggiabella-telespetatore-lancia-lallarme/12371384/
    Depositi di catrame a Spiaggiabella
    Torna sulle spiagge del Basso Adriatico il fenomeno della presenza di catrame pelagico: non si verificava dagli anni ’80. In quel periodo le petroliere che portavano il greggio dai paesi africani al nord Europa attraverso il corridoio marino che separa l’Italia dall’Est, avevano la cattiva abitudine di lavare le stive al loro passaggio. In breve molte specie marine scomparvero da quella lingua di mare riducendo drasticamente il pescato e con esso la capacità economica di  intere comunità che basavano la loro sussistenza sulla pesca e sul mare. Una legge, il controllo costante della capitaneria di porto e le multe salate, interruppero quel pericoloso malvezzo.

    Il catrame si depositò, comunque, sul fondale. Secondo uno studio del 2005 pubblicato da Unione petrolifera su ‘Traffico petrolifero e sostenibilità ambientale’, “il Mediterraneo ha una densità di catrame pelagico sui fondali pari a 38 milligrammi per metro quadro, seguito a distanza dal mar dei Sargassi con 10 mmg e dal mar del Giappone con 3,8 mmg”.

    Queste ed altre considerazioni tra le quali gli inquinanti sversati in un mare sostanzialmente chiuso dalle attività esplorative, hanno indotto il Sen. Latorre ad elaborare un disegno di Legge comunicato alla Presidenza del Consiglio il 23 Novembre 2011 su ‘Divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi nelle acque del mare Adriatico prospiciente la regione Puglia’.

    
    http://www.trnews.it/2013/12/29/cumuli-di-catrame-spiaggiabella-telespetatore-lancia-lallarme/12371384/
    Particolare dei depositi di catrame a Spiaggiabella
    Ma oggi le immagini ci mostrano uno sgradito e abbondante ritorno. Saranno le petroliere che fanno ricerche al largo delle coste salentine? E se si il fenomeno è dovuto ancora a lavaggio stive o, forse, alle tecniche esplorative basate sull’utilizzo di air gun?

    Nel corso di un’interrogazione al Senato datata 11.11.2011 presentata da Adriana Poli Bortone e già pubblicata su questo blog, si riporta uno studio dell’Ingegnere ambientale Giuseppe de Leonibus secondo il quale “(…)gli air gun si basano su fenomeni di riflessione e rifrazione delle onde elastiche generate da una sorgente artificiale, la cui velocità di propagazione dipende dal tipo di roccia, ed è variabile tra 1.500 e 7.000 metri al secondo (tra 5.400 e 25.200 chilometri orari) e (…) tale metodica di ricerca è ufficialmente annoverata tra le forme riconosciute di inquinamento dalla proposta di direttiva n. 2006/16976 recante gli indirizzi della strategia comunitaria per la difesa del mare”. Inoltre “il suono viaggia nell'acqua circa quattro volte più in fretta che nell'aria (la velocità di propagazione del suono in aria è di 343 metri al secondo, in acqua di circa 1.483 metri al secondo), per cui le onde hanno la potenzialità di diffondersi su raggi molto elevati, anche di 100 chilometri e a ridosso dell'air gun si possono misurare picchi di pressione dell'ordine di 230 dB (a mero paragone, un'esplosione nucleare in mare ha un valore di 300-310 decibel)”. Poli Bortone ricorda ancora gli studi del Norwegian institute of marine research i quali hanno messo in evidenza una diminuzione delle catture di pescato fino al 50 per cento in un'area distante fino a 2.000 metri dalla sorgente durante l'utilizzo di air gun”.

    
    http://www.olambientalista.it/sul-sito-del-ministero-dellambiente-gli-atti-della-transunion-petroleum/
    Esempio di ricerca sismica con air gun
    Ma non è tutto: agli effetti degli air gun vanno sommati quelli dovuti alla presenza, sui fondali del basso Adriatico, di 20.000 bombe chimiche (come risulta da un'interrogazione parlamentare al Ministro dell'ambiente del 22 settembre 2004 del senatore Franco Danieli).  Dati confermati dal Ministro pro tempore il quale ha confermato, nella sua risposta del 24 novembre 2005, che l'ICRAM, l'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, ha rilevato la mappa dei siti di rilascio bombe nel Basso Adriatico dove si ritiene siano presenti almeno 20.000 bombe chimiche, delle quali circa 15.000 tutte all'iprite, si pensa siano parte del carico della nave statunitense "John Harvey", affondata nell'Adriatico nel 1943; il resto delle bombe sono il frutto della guerra nei Balcani, durante le quali furono individuate alcune aree marine per lo sganciamento dagli aerei di ordigni inesplosi. Secondo il senatore Danieli nei nostri fondali ci sono bombe all'iprite, al fosgene, disfogene, adamsite, acido cianidrico, bombe a grappolo del tipo blu27, proiettili all'uranio impoverito senza contare che il basso Adriatico è stato utilizzato fino agli anni '70 per lo smaltimento di munizionamento militare obsoleto e vi sono stati affondati residuati bellici provenienti dalla bonifica dei porti pugliesi e da depositi e stabilimenti di produzione, assemblaggio e sconfezionamento di ordigni. Secondo l’interrogante, andrebbe anche sottolineato come tali ordigni siano dispersi in un'area piuttosto ampia, che si estende dai fondali delle aree portuali fino a tratti di mare a diversa distanza dalla riva, anche per la pratica degli operatori di riaffondare in ambito portuale i residui bellici accidentalmente salpati.

    Secondo l’Art.11 della Legge quadro sulle aree protette datata 6 dicembre 1991 n. 394, la perforazione o qualsiasi altra forma di ricerca riconosciuta come inquinante dovrebbe essere impraticabile. La Legge vieta, infatti, l’apertura e il rilascio di cave, miniere e discariche nonché l’asportazione di minerali nelle zone interessate tra cui, naturalmente, gli idrocarburi a causa dell’alto potere contaminante. Nel corso dell’’interrogazione, Poli Bortone rammenta i risultati scientifici sull’inquinamento marino di uno studio condotto dal gruppo Gesamp, un consorzio di esperti, creato e gestito in collaborazione con l'Unesco, la Fao, le Nazioni Unite e l'Organizzazione mondiale della sanità il quale stima che un tipico pozzo esplorativo scarichi fra le 30 e le 120 tonnellate di sostanze tossiche durante l'arco della sua breve vita, intenzionalmente o accidentalmente.

    Dunque: in questi giorni le immagini riportate e diffuse da lettori responsabili mostrano lo spiaggiamento di grosse quantità di catrame che è visibile. Questo è un fatto da cui discendono una serie di interrogativi: da dove arriva quel catrame? Come è arrivato? Lavaggio stive o air gun? Considerando che la Legge 394/1991 vieta la ricerca in aree protette e che secondo vari studi i sedimenti delle piattaforme possono subentrare nella catena alimentare anche per un raggio di 10 chilometri dal punto di emissione, qualora si verificasse l’uso di air gun, sarebbe finalmente possibile interrompere pratiche palesemente illegali oltreché illogiche se pensate nell’ottica del bene economico e sanitario di una regione intera? Arpa avvierà indagini per scoprire se insieme al visibile catrame siano entrati nella catena alimentare e non solo anche iprite, acidi, uranio ecc?

    venerdì 7 febbraio 2014

    Cavtat: un caso irrisolto


    di Chiara Madaro
    Il recente Rapporto sull'Italia pubblicato dalla Comunità Europea delinea un paese dove il confine tra lecito e illecito appare sbiadito e, dunque, non riesce ad evolvere. Una realtà che ci costringe ad accettare proposte altrove improponibili.  Come la notizia che in questi giorni sta allarmando le comunità calabre di Gioia Tauro che rischiano di essere smobilitate allo scopo di consentire una importante operazione internazionale di disarmo. A pensarci viene in mente un fatto avvenuto 40 anni fa. Tags in comune? Mare, armi, veleni, Mediterraneo sudorientale, affondamenti....
    Nel 1974 fece scalpore il caso dell’affondamento della nave mercantile Cavtat avvenuto in circostanze e modalità poco chiare al largo del Golfo di Otranto.
    http://www.lucaturi.it/page.php?id_articolo=20232&id_categoria=13&titolo=LA%20VICENDA%20DELLA%20NAVE#.UvUZ9HmPJjo
    Un bidone di piombo tetraetile recuperato dalla Cavtat
    Secondo il manifesto di bordo, la Cavtat viaggiava con un carico di 2500 tonnellate di cui 270 di piombo tetraetile divise in 900 bidoni e il resto di ‘ferraglia’ e materiale chimico non ben definito. Secondo alcuni poteva trattarsi di armi anche perché, a differenza di quanto dichiarato in origine, il cargo salpava dal porto di Manchester, noto per via del traffico d’armi. Il carico fu recuperato nei quattro anni successivi grazie all’impegno profuso dall’allora pretore di Otranto, Alberto Maritati. Un impegno proseguito malgrado le pressioni esercitate nei suoi confronti da entità governative e internazionali affinché il carico fosse lasciato in fondo al mare. L'ultimo bidone di piombo tetraetile fu portato in superficie il 12 aprile 1978 a dispetto del parere di una commissione internazionale composta da 12 scienziati della Nato i quali affermarono che tra il ‘76 e il ‘77 i bidoni avrebbero iniziato a disperdere il loro contenuto. Il costo dell'intera operazione ammontò a 15 miliardi di Lire ma riguardò solo i fusti di piombo tetraetile; il resto del carico, quello che veramente preoccupava la comunità internazionale e di cui tutt’oggi non si sa nulla, rimase nel relitto[1]. Se si trattava veramente di armi, per quanto chimicamente letali, è certo che le ragioni che prevalsero nella gestione della faccenda non furono di natura ambientale e le priorità rispetto ai rischi che si volevano evitare portavano a ritenere che qualsiasi rischio ambientale era sempre meglio di altri rischi.[2] Sembra essere una costante in molti casi.

    http://www.lucaturi.it/page.php?id_articolo=20232&id_categoria=13&id_sottocategoria1=0&id_sottocategoria2=0&titolo=LA VICENDA DELLA NAVE#.UvUVyHmPJjo
    Immagini dell'operazione di recupero

    Casi in cui l’intreccio tra guerre, armi chimiche, crimine ambientale e diritti umani è cementato al punto da persistere da decenni senza che né gli Stati né le organizzazioni sovranazionali riescano ad andare oltre la dichiarazione di intenti o a superare le evidenti contraddizioni. Avviare un tribunale internazionale per i reati ambientali implica che non solo le imprese private ma anche e soprattutto governi e governanti dovranno attenersi a certe regole. E’, forse, questo che impedisce ogni oltre ragionevole attesa di rispondere positivamente alle richieste della società civile?
     
    1] All’epoca dei fatti si sospettò che il carico dovesse servire alla guerra turco-cipriota caldeggiata dalla Cia. Proprio a Manchester, infatti, esisteva un enorme deposito d'armi appartenente a Samuel Cummings ex agente dell'organizzazione americana e indiscusso re del traffico d’armi su larga scala. La sua compagnia, la Interarms, registrava un fatturato annuo che ammontava mediamente a 100milioni di dollari provenienti da accordi stretti con dittatori, despoti, rivoluzionari e controrivoluzionari che alimentavano tra le altre, le guerriglie centro americane, senza fare distinzione di bandiera. L’affondamento della Cavtat avvenne alle 4.12 del 14 luglio 1974 quando entrò in collisione con la 'Lady Rita', battente bandiera panamense, e comandata dal napoletano Carmine Laudato. Colpiscono alcuni particolari: l’imbarcazione non affondò dal punto in cui venne colpita e poi l’affondamento durò 6 ore durante le quali non fu mai lanciato l’SOS. Non fu mai possibile stabilire ufficialmente un legame tra l’affondamento della Cavtat e la guerra di Cipro ma i fatti avvennero giusto pochi giorni prima dell’invasione turca (20 luglio 1974) mentre le operazioni di recupero terminarono a guerra finita.
    [2] Durante la guerra fredda, la Nato avviò strutture e operazioni paramilitari di tipo segreto con l’intenzione di arginare possibili attacchi da parte dei Paesi del Patto di Varsavia. L’Italia faceva parte della ‘stay-behind net’, la rete al di là di ogni istituzione visibile, con Gladio in cui confluirono forze anti comuniste nate durante il secondo conflitto mondiale. La rete era in parte finanziata dalla Cia e ne facevano parte praticamente tutti i paesi europei, comprese le neutrali Svizzera e Svezia. Questa rete agiva al di fuori delle tradizionali organizzazioni militari della Nato anche attraverso i Cag, centri di addestramento guastatori, che avevano il compito di intervenire durante gli scioperi o le manifestazioni. E’, dunque, possibile che in ambito Nato siano state intraprese iniziative parallele e contrastanti rispetto a quelle ufficiali. Anche Cipro faceva parte della rete con il LOK che organizzò un colpo di stato ai danni del Presidente, l’Arcivescovo Makarios, il 15 luglio 1974 accusato da Kissinger di essere il ‘Castro del Mediterraneo’. In occasione del processo a Gladio del 1990 l’Avvocato Generale dello Stato dichiarò legittima la struttura e in linea con il Trattato Nato, un patto difensivo atto a creare un collegamento diretto tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Si tratta, perciò, di strutture legittimate ad operare ancora oggi.
     

    Disarmo Siria: smaltimento armi chimiche siriane. A Gioia Tauro il SARIN


    di Chiara Madaro
    http://www.si24.it/2014/02/02/


    Secondo il linguista e intellettuale Noam Chomsky, ”l’indifferenza e l’occultamento della catastrofe ambientale” al pari della manipolazione dell’opinione pubblica operata allo scopo di costruire un “consenso senza consenso” e piegare le masse “stupide” alla volontà di pochi “illuminati”, la deroga al principio di universalità che vorrebbe regole uguali per tutti nel diritto internazionale, sono elementi caratterizzanti un potere globale che intende sostituire la plutocrazia alla democrazia privando di ogni diritto chi occupa le fondamenta della piramide sociale. Chomsky interpreta, dunque, la questione della diffusa insostenibilità ambientale in un quadro più ampio dove la cornice è costituita dall’assenza di democrazia e dalla privazione delle masse dei più fondamentali diritti.

    Interrogato sul nostro paese Chomsky va oltre e afferma: "la democrazia in Italia è scomparsa quando è andato al governo Mario Monti, designato dai burocrati seduti a Bruxelles, non dagli elettori”, un problema che, secondo l’intellettuale, è comune alle democrazie europee, oggi al collasso totale, indipendentemente dal colore politico dei governi che si succedono al potere, perché sono decise da burocrati e dirigenti non eletti che stanno seduti a Bruxelles. La conseguenza è la dittatura. Sarebbe questo il motivo che impedisce alla società civile di essere ascoltata ed esaudita nelle sue più legittime richieste.
     
    Un esempio di cosa accade? L’ultimo della serie è l’incredibile autorizzazione accordata dal Governo alla più grande operazione di disarmo degli ultimi dieci anni: si tratta dello smaltimento di 1300 tonnellate di sostanze chimiche letali di provenienza siriana. Tra queste il devastante gas nervino Sarin, classificato dalle Nazioni Unite come arma di distruzione di massa e posta al bando con la convenzione sulle armi chimiche del 1993. 
    http://www.taringa.net/posts/info/17089250/Armas-Quimicas---Gas-Sarin.html
    Effetti biologici del Sarin
    La dannosità del Sarin è dovuta al fatto che anche il contatto con la pelle può essere letale e produrre spasmi muscolari di tale violenza che, tra l’altro, portano alla morte per soffocamento in pochi e infiniti minuti. 800tonnellate, considerate meno dannose saranno trattate da società private di cui non si conosce l’identità. Un’operazione che nemmeno l’Albania  ha voluto accettare. Secondo fonti del Pentagono, le operazioni di trasbordo avverranno sulla nave Cape Ray, mai utilizzata per operazioni di questo tipo e sprovvista di doppio scafo, sprovvista, dunque, delle basilari norme di sicurezza atte a scongiurare la fuoriuscita di contaminanti chimici. A bordo della nave il carico verrà sottoposto ad idrolisi, i gas contaminanti verranno, cioè miscelati con acqua calda ed altre sostanze chimiche in modo da scinderne i legami e renderli inoffensivi. Quest’ultima operazione avverrà in acque internazionali non ancora precisate, il resto nel Porto di Gioia Tauro, il più grande in Europa ma anche ricadente in una terra dove la ‘Ndrangheta, la più spietata tra le mafie italiane, detta legge da decenni nel campo dello smaltimento dei rifiuti radioattivi e chimici un campo dove, secondo alcuni pentiti attendibili, si riscontra una consolidata collaborazione con le istituzioni stesse. Le garanzie sulla sicurezza dell’operazione, dunque, non convincono nessuno.
    
    
    http://www.calabriaonweb.it/2013/02/15/tanger-med-e-port-said-fanno-concorrenza-a-gioia-tauro/
    Porti nel Mediterraneo
    Tanto più che si parla di militarizzazione del porto ed evacuazione di massa delle popolazioni per consentire le operazioni di trasbordo. Operazioni, inoltre, in cui la priorità non è la sicurezza dei cittadini ma il profitto per un porto che è partito da zero e che in breve è arrivato a produrre il 50% del Pil della Regione Calabria. Secondo Antonella Caroli, Segretario Generale Autorità Portuale di Trieste [1] “(…)i poteri pubblici, non avrebbero portato a risultati significativi se sui porti mediterranei, e su quelli italiani in particolare, non si fossero concretamente concentrati attenzioni e investimenti delle multinazionali del trasporto containerizzato e della gestione di terminali. Tra queste la (ndr. tedesca) Eurogate-Contship, che controlla attualmente lo scalo calabrese di Gioia Tauro”. Secondo Caroli il ‘transversalismo’ e la logica della ‘longitudinalità’ consente di superare il dualismo storico tra nord e sud Europa offrendo al Mediterraneo un ruolo strategico di primordine nel contesto del Mediterraneo Orientale. Ruolo strategico: parola d’ordine di questi tempi in un’Italia in crisi. 
    http://www.ansa.it/mare/notizie/portielogistica/news/2013/11/12/Porti-Gioia-Bankitalia-aumento-movimentazione-container-17-_9607857.html
    Maersk Line, società danese partecipata nella gestione del Porto di Gioia Tauro
     E’ la stessa argomentazione che usa il presidente della Regione Calabria Scopelliti all’indomani di un incontro a Roma con il presidente del Consiglio e alcuni ministri, felice del fatto che il governo abbia finalmente riconosciuto alla sua terra una funzione strategica per il Paese. Già, ma a che prezzo? La giustificazione è che il porto di Gioia Tauro abbia già esperienza in questo tipo di logistica e nel trattamento di sostanze di tipo 6.1. Peccato che sotto questa denominazione rientrino genericamente le sostanze tossiche. Ma è possibile equiparare un gas nervino messo al bando da decenni in quanto armi di distruzione di massa ad altri tipi di principi attivi? L’agenzia di stampa La Presse riporta il contenuto del messaggio del
    segretario alla Difesa Usa, Chuck Hagel, all'equipaggio della Cape Ray. Hagel ha definito  ‘storica’ questa missione: "State per compiere qualcosa che nessuno ha mai tentato prima – dice - distruggerete in mare uno degli arsenali di armi chimiche più grandi al mondo, contribuendo a rendere la Terra più sicura. Il vostro compito - ha aggiunto - non sarà facile. Le vostre giornate saranno lunghe e impegnative. Ma il vostro duro lavoro, la vostra preparazione e il vostro zelo faranno la differenza". Sembra quasi uno di quei discorsi epici da film. Ma ciò che questo discorso implica è che mentre il nostro governo parla delle operazioni quasi come fossero di routine, la realtà sembra essere ben diversa. Mentre da noi prevalgono motivi di tipo economico al fatto che gli abitanti della Piana di Gioia Tauro debbano accettare supinamente di ospitare un’operazione altamente rischiosa e capace di provocare una strage di grosse proporzioni sia nell’immediato che su tempi lunghi.


    Quando potremo ottenere che la strategia del governo punti ai cittadini, non alle lobby? Quando potremo ottenere che l’Italia torni ad avere la schiena dritta e ad appartenere agli italiani?[2]







    [1] Antonella Caroli, - Segretario Generale Autorità Portuale di Trieste

     Il ruolo dei porti nel bacino del Mediterraneo’
    [2] Il porto fa parte dell'operazione ContainerSecurity Initiative (CSI) degli Stati Uniti per il controllo dei porti da parte di personale specializzato statunitense per i traffici in direzione americana. Inoltre il gestore del terminal contenitori del Porto di Gioia Tauro è la società Medcenter Container Terminal S.p.A., partecipata pariteticamente da Contship Italia, Terminal Investments Limited, Apm Terminals, Maersk Line di appartenenza nordeuropea (Danimarca e Germania).