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domenica 24 marzo 2013

Cipro: la crisi e il petrolio.


Di Chiara Madaro

Siamo stati sull’orlo del fallimento, lo siamo ancora, ma resistiamo mentre in maniera inattesa la ricca Cipro cola a picco. Sarebbe qui opportuno specificare che non tutta Cipro è in pericolo, solo la parte greca. E’ un caso o esiste un motivo?



Nel febbraio 2011 Mario Monti era da pochi mesi stato nominato presidente del Consiglio italiano e nel corso di una conferenza afferma: “Non dobbiamo stupirci se l’Europa ha bisogno di crisi, gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti sono la cessione di parti delle sovranità nazionali ad un livello comunitario. E’ chiaro che il potere politico  e i cittadini possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è in atto una crisi visibile, conclamata.”

Nel corso del Governo Monti sono state avviate numerosissime concessioni di prospezione in Adriatico ancora fino ai giorni scorsi. La disponibilità del governo italiano alla ricerca di idrocarburi non è stata accennata nemmeno in campagna elettorale dagli avversari di Monti malgrado si tratti di un provvedimento evidentemente dannoso per il nostro Paese che vive fondamentalmente grazie al turismo e ai beni paesaggistici e ambientali. Anche le proteste e le azioni delle associazioni ambientaliste, delle comunità locali e dei governi regionali non sono riuscite ad arrivare agli onori della stampa nazionale.



Anche la Turchia ha avviato permessi di prospezione estendendoli alle coste turco-cipriote. Si parla di 6 progetti esplorativi nel Mediterraneo, incluso Cipro. Qui la compagnia petrolifera di stato Turkiye Petrolleri AO ha firmato un accordo congiunto E&P (esplorazione e produzione)  con la Royal Dutch Shell Plc (RDSA) lo scorso anno.  

Secondo il Ministro turco per l’Energia e le Risorse Naturali, la cooperazione della compagnia italiana Eni con Cipro nel campo delle esplorazioni  di idrocarburi nel Mediterraneo orientale potrebbe interferire negativamente con i progetti della compagnia in Turchia a causa delle irrisolte questioni che si trascinano dal 1974 e che coinvolgono l’isola da cui è nata Venere.

Ma le risorse stimate di petrolio e gas contenute sotto il fondo del mare di Cipro ammontano a circa 8 bilioni di barili corrispondenti a circa 400 miliardi di dollari in base al mercato attuale. Anche se non esistono stime affidabili, al momento, le più importanti compagnie petrolifere come la russa Novatec, l’italiana Eni, la francese Total e la malese Petronas, sono tra coloro cercano di ottenere permessi esplorativi nella zona a sud di Cipro.

Ad aprile 2012 la Turchia ha iniziato le perforazioni onshore per la ricerca di petrolio e gas a nord di Cipro, nei pressi della città di Trikomo, con la corporation di Stato Turkish Petroleum malgrado le proteste provenienti dalla Repubblica di Cipro che giudica illegale l’azione.



Ma il 6 febbraio 2013 anche i greco-ciprioti firmano permessi esplorativi con Total SA su due dei tredici lotti costieri, un’area corrispondente a 50mila Kilometri quadrati in totale.

Secondo una valutazione di tipo puramente finanziario espressa da Karen Avat, analista in geopolitica energetica del Mediterraneo orientale, l'accordo è promettente in considerazione della crisi del debito di Cipro. Già all’inizio del 2013 Cipro era in trattative con UE e FMI per un prestito di salvataggio equivalente al PIL del paese: 17 miliardi di euro. Anche se il pacchetto di salvataggio è stato ritardato fino a data da destinarsi a causa delle preoccupazioni dei ministri delle finanze europei sulla portata del pacchetto.”Ma – afferma Avat - il recente sviluppo nel settore dell'energia potrebbe svolgere un ruolo positivo nel facilitare il rilascio dei fondi di salvataggio e (…) Cipro potrebbe cominciare a esportare il suo gas a partire dal 2019” confermando le tesi espresse da Mario Monti.

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