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sabato 29 agosto 2015

Guaranì in città

di Chiara Madaro

Il Cacique Cirilo
 Il Cacique José Cirilo, di etnia Guaranì, è capo dell’Aldeia Anhetengua di Porto Alegre, nella regione del Rio Grande do Sul, Brasile.
 “Sono diventato capo a 14 anni. Nella nostra tradizione il figlio minore eredita il ruolo e le responsabilità del padre. Sono stato educato fin da bambino a comportarmi come un capo Cacique, a prendere decisioni. A 19 anni ho iniziato una lunga lotta per ottenere il territorio che oggi ci appartiene – dice José Cirilo, oggi quarantenne – e mi sono ammalato. Il contatto con la società e le regole dei bianchi mi ha fatto ammalare. Sono guarito grazie a mia madre che è la curandera e il capo spirituale della tribù”.
Nel Municipio di Porto Alegre vivono stabilmente 7 gruppi indigeni appartenenti a tre diverse etnie. Mbyá-Guarani, Kaingang e Charrua, ciascuna delle quali ha lingua, religione, organizzazione sociale, differenti. Nella geografia della città trovano collocazione 7 raggruppamenti Kaingang e nuclei familiari che abitano i “morros graníticos” (São Pedro, Santana, Glória do Osso), 3 raggruppamenti Mbyá-Guarani nelle terre pianeggianti e alte  dei quartieri Lomba do Pinheiro, Lami e Cantagalo e 1 raggruppamento Charrua nel quartiere Lomba do Pinheiro. Una ricchezza culturale sconosciuta e disconosciuta  dai porto-alegrensi.
Approssimativamente si calcola che nello Stato del Rio Grande do Sul vivano 350 famiglie e 1600 individui (Soares e Trindade, 2008) che occupano 90 mila ettari a fronte dei 90 mila milioni di ettari che appartengono allo Stato. La scarsità di terre demarcate influenza negativamente la riproduzione culturale di questi popoli e l’impossibilità di ottenere accesso alle risorse naturali. 













I gruppi tribali e indigeni che vivono nelle periferie delle città hanno grossi problemi di sussistenza e di conservazione della loro lingua e tradizione. “Per conservare la cultura del popolo – dice il Cacique Cirilo – serve la terra”. Ma il suo popolo vive in un territorio abitato da bianchi, la riserva di 9 ettari ha una pianta ‘a macchia di leopardo’. La contaminazione è la naturale conseguenza. Oggi il Cacique sta iniziando una nuova trattativa con il Municipio di Porto Alegre per ottenere un Morro, una collina adiacente all’aldeia. Si tratta di altri 10 ettari di terreno, circa, su cui il comune intende realizzare un parco. “Per il nostro popolo sarebbe utile ottenere quella terra. La famiglia sta crescendo”.
La situazione dei popoli indigeni in gran parte del Sudamerica è strettamente legata alla terra. Il popolo di Cirilo, ad esempio, era originario dell’Argentina. “Ai tempi della presa di Itaipù - racconta l’antropologa Mariana de A. Soares, responsabile per i gruppi indigeni di Porto Alegre – dove poi fu costruita la diga, i popoli che vivevano nella foresta, intorno alla cascata, furono cacciati. La famiglia di Cirilo fuggì e si divise in cerca di nuove terre dove poter vivere. All’epoca era molto giovane e diventò così capo del gruppo che, oggi, governa’.
Lontani dalla pittoresca immagine che in Europa arriva sullo stile di vita e l’ambiente naturale in cui abitano i popoli indigeni e tribali, i gruppi che si trovano in prossimità delle città vivono il problema della povertà. In mancanza di terre in cui scorrano corsi d’acqua ricchi di pesce, di foreste abitate da animali da cacciare e frutti da raccogliere, questi popoli devono comprare gran parte di quello che consumano per vivere. Come?
Rosani Ries mostra le fasi della realizzazione del progetto 
Rosani Ries è responsabile della piccola scuola situata nell’aldeia, dove i bambini della comunità che lo desiderano, possono ricevere un’educazione e imparare sia il portoghese che il guaranì da maestri guaranì. Un modo per conservare la propria cultura ma anche per offrire strumenti alle nuove generazioni che saranno capaci di confrontarsi con la società dominante e difendere i propri diritti.
“Ho pensato ad un progetto per il recupero di antichi saperi che, ormai, si vanno perdendo, come l’artigianato della ceramica – dice la Dott.ssa Ries – che potrà essere venduta ai turisti interessati. Sarà di aiuto nei rigidi mesi invernali in cui è più difficile per loro procurarsi del cibo”.
Le prime ceramiche realizzate nell'aldeia












Ma il progetto avrà ricadute positive anche in estate. Nella cultura indigena i prodotti della terra non si possono vendere: “La Terra è sacra – spiega il Cacique - non si può vendere una cosa sacra”. E’ per questo che i popoli indigeni producono solo lo stretto indispensabile e mangiano solo quando hanno fame.



Una delle classi della scuola dell'Aldeia Anhetengua. Il maestro insegna la scrittura Guaranì
Uno sforzo che merita di essere promosso anche nelle altre realtà indigene di Porto Alegre che versano in condizioni di estremo degrado. Invece, esiste un processo di smantellamento del Consiglio Indigeno, CEPI, Conselho Estadual dos Povos Indígenas, organo indigeno e statale allo stesso tempo, che raduna i capi dei vari gruppi indigeni del Municipio e dei rappresentanti che, nei vari uffici pubblici, si occupano dei popoli indigeni e tribali. Un progetto che rientra nei diritti costituzionali riservati alle minoranze indigene e tribali, oggi in pericolo di estinzione.

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