Il suono dell'universo.

lunedì 25 agosto 2014

Tierra yerma – terra sterile



Traduzione: Chiara Madaro

http://www.ecoportal.net/Temas_Especiales/Suelos/Tierra_yerma_o_Granero_del_mundo
 Disboscamento, dislocazioni e uso massiccio di agrochimici: sono alcune delle conseguenze già conosciute dell’attuale modello agricolo. Un altro fattore fondamentale, riconosciuto anche da imprese e governi, è l’impoverimento dei suoli. Con ogni ‘buque’[1] carico di soia si esportano 3.500 tonnellate di nutrienti. “L’eccesso di soia nella matrice granaria è un attentato contro la conservazione del suolo”. La critica non arriva da un’organizzazione sociomabientale nè da ricercatori critici contro il modello agricolo (i quali avvertono i medesimi rischi), ma da un editoriale del quotidiano La Nación, tribuna agricola.

E’ un fatto che ormai nessuno smentisce: i suoli dedicati all’agricoltura si stanno impoverendo a ritmo  accellerato, fatto che già impatta sulla produttività e sottolinea i limiti e le conseguenze del modello agroindustriale. Dati del Instituto de Tecnología Agropecuaria (INTA) rivelano che con ogni nave carica di soia si perdono 3.500 tonnellate di nutrienti.

L’impoverimento dei suoli e il modello agrario così come l’attività mineraria estrattiva hanno lo stesso significato. Il suolo è composto da polvere e minerali ma al tempo stesso è un ecosistema vivo e dinamico con migliaia di esseri viventi miscroscopici i quali contribuiscono alla ritenzione e alla distribuzione dei nutrienti, imprescindibili affinchè le piante crescano. Il suolo è anche materia organica (sostanze che sono il risultato della decomposizione di materia animale  e vegetale). Tutte le piante prendono nutrienti dal suolo e tutti gli altri residui (sostanze che sono il risultato della decomposizione della materia animale  e vegetale) consegnano nutrienti alle piante che crescono. La materia organica è importante affinchè si eviti l’erosione del suolo e renderlo maggiormente poroso, fatto che aiuta l’assorbimento dell’acqua (ed evitare lo scorrimento rapido, anticamera delle inondazioni).

Fa tutto parte di un processo ciclico di accumulazione antico di migliaia di anni. “La materia organica si trova sopratutto nello strato superiore del suolo (la più fertile). La vita vegetale e la fertilità del suolo sono processi che si avvantaggiano reciprocamente e la materia organica è il ponte”, spiega l’organizzazione internazionale GRAIN nel suo dossier “Estrattivismo e agricoltura industriale o come convertire suoli fertili in territori minerari”. La soia occupa 20milioni di ettari. Il 60% della superficie coltivata in Argentina. Un solo prodotto. La soia è la regina. E nella sua crescita consuma nutrienti. Esempio: in una produzione di 4.000 kili per ettaro, la soia consuma anche fosforo, potassio e zolfo.

L’Istituto Nazionale di Tecnologia Agraria è l’organismo ufficiale maggiormente riconosciuto nel mondo agrario argentino ed è stato (è) il braccio tecnico esecutore nella conferma del commercio agrario. Proprio secondo INTA, “In una nave caricata con 40mila tonnellate di soia si esportano 3.576 tonnellate di nutrienti. Se il carico è di grano i nutrienti raggiungono le 1.176 tonnellate e, nel caso del mais, 966 tonnellate per ogni nave.

Nel caso della soia, le 3.576 tonnellate di nutrienti estratti (azoto, fosforo, zolfo, potassio e magnesio) equivalgono a 8.700 tonnellate di fertilizzanti (urea, perfosfato semplice, cloruro di potassio e solfato di magnesio). Ogni tonnellata di fertilizzante ha un costo medio di 450 dollari, valore che, moltiplicato per 8.700, fa quasi 4 milioni di dollari che vanno via dal suolo argentino con ogni nave di soia.

In un raccolto stimato in 54 milioni di tonnellate, il costo dei nutrienti estratti si avvicina ai 5.265 milioni di dollari. Una fortuna che viene estratta dal suolo argentino. INTA lo chiama “costo occulto” del terreno destinato all’agricoltura.

L’ingegnera agronoma Graciela Cordone di INTA Casilda[2] è tra le autrici del dossier e ha illustrato così la fuga dei nutrrienti: “Avremmo bisogno di 300 camion per caricare i fertilizzanti che contengononi nutrienti che si esportano in ogni nave”. A questo si dovrebbe sommare la matreia organica che si perde e che ha una diretta relazione con la qualità (che si va perdendo) del suolo. “Si deve prendere coscienza del fatto che il suolo si esaurirà se continuiamo a sfruttarlo con l’attuale sistema produttivo. Dobbiamo usarlo in maniera sostenibile in modo che i nostri figli possano continuare a produrre con buon rendimento”, avverte la ricercatrice INTA.

Il modello

http://www.ecoportal.net/Temas_Especiales/Contaminacion/glifosato_y_transgenicos_el_caso_argentino_y_las_consecuencias_sobre_la_salud
 Il Secondo Congresso Nazionale di Ecologia e Biologia dei Suoli (Conebios II), è il nome di un meeting poco comune che ha visto riunirsi nel corso di tre giorni scienziati preoccupati della situazione critica delle superfici agricole sfruttate. Nel corso dell’incontro sono stati presentati 74 lavori scientifici. “Si sfrutta il suolo fino all’esaurimento dei nutrienti ed esiste il pericolo di una virtuale scomparsa”, avvisa il documento finale elaborato al termine dei lavori in cui viene sottolineato che il suolo è un bene sociale e, come tale, deve stare a disposizione e a beneficio di tutti.

Realizzato nell’aprile del 2011, il congresso è stato l’anticamera della creazione della Società Argentina di Biologia ed Ecologia dei Suoli e nelle sue conclusioni ha sottolineato che l’applicazione di agrochimici riduce l’abbondanza e la diversità delle comunità di animali esistenti nel suolo (animali che regolano i processi ecologici del suolo e hanno una relazione con la fertilità degli stessi), una proporzione considerevole di pesticidi può danneggiare i microorganismi (batteri e funghi) del suolo e assicura che gli agrochimici maggiormente utilizzati negli attuali sistemi dominanti di produzione agricola producono alterazioni nella fissazione dell’azoto.

I ricercatori hanno ricordato che i suoli attuali sono il risultato di processi fisici, chimici e biologici realizzati nel corso di milioni di anni e che il recupero degli stessi a fronte dell’attuale deterioremento che stanno subendo può essere estremamente lento o addirittura inesistente. “Il suolo si deve considerare a fini pratici come un bene non rinnovabile”, avvisa il documento finale del Congresso e afferma che l’attuale modello agricolo dominante “compromette lo stesso processo produttivo a medio e lungo termine e colpisce negativamente l’integrità e funzionalità dell’ecosistema del suolo e, pertanto, compromette la sostenibilità”.

L’organizzazione internazionale GRAIN ha investigato per 20 anni producendo materiale sull’impatto della produzione alimentare concentrata nelle mani delle corporazioni.

 
http://www.reduas.fcm.unc.edu.ar/situacion-de-los-pueblos-fumigados-en-argentina-2012/
“Estrattivismo e agricoltura industriale o come convertire i suoli fertili in territori minerari”, è il titolo di questa ricerca che spiega come il modello agricolo decimi i suoli. Viene precisato che nella seconda metà del XX secolo si dette impulso alla cosiddetta “rivoluzione verde”, un modello di agroimprese (avviato col via libera dei governi) basato su agrochimici, semi sotto controllo societario e monocolture. “In un sol colpo si tentò di cancellare 10mila anni di costruzione di saperi fino a rendere i suoli un substrato morto ai fini dello sviluppo delle piante con l’apporto di nutrienti esterni una volta che quelli del suolo si sono esauriti”, denuncia.

Analizza, poi le informazioni ufficilai di INTA e precisa numeri dei campi usati per la coltivazione in Argentina: nell’anno 2006/07 sono state estratte 3.500 milioni di tonnellate di azoto, fosforo, potassio e zolfo. Tradotto in denaro: 1.700 milioni di dollari.

Quanto alla soia, afferma che produce “una intensa degradazione”, con una perdita che va tra le 19 e le 30 tonnellate di suolo in base alla gestione, alla pendenza del suolo e al clima.

Nel periodo 2006/07, con una produzione di 47milioni di tonnellate di soia, si sono estratte 1.149.000 tonnellate di azoto, 255.000 tonnellate di fosforo, 760.000 tonnellate di potassio. “L’agricoltura industriale è un’attività estrattivista perchè considera i suoli come un substrato inerte dal quale si estraggono nutrienti (proteine e minerali) utilizzando tecnologie e prodotti chimici (fertilizzanti, pesticidi, erbicidi, fungicidi)”, afferma GRAIN e la paragona con l’attività mineraria “con l’unica differenza che con l’industria mineraria si estraggono minerali in maniera diretta e con l’agricoltura industriale ciò avviene attraverso un processo biologico (la crescita di piante che sono quelle che contengono i nutrienti)”.

E nota altre coincidenze tra l’agroindustria e l’industria mineraria a cielo aperto: distruzione territoriale, devastazione della biodiversità, contaminazione massiccia, estrazione di quantità immense di acqua e contaminazione delle falde vicine, impatto sulla salute umana e animale, distruzione delle economie regionali e inesistente creazione di impieghi per le popolazioni locali. E conclude: “Entrambe le attività sono insostenibili”.

A differenza di quanto succede con le conseguenze degli agrotossici e dei transgenici, vi è unanime consenso sul fatto che l’impoverimento dei suoli sia dovuto al modello agricolo industriale. Anche chi dà impulso e sostegno al modello (come INTA e buona parte dei giornalisti del settore) avvisano della perdita di nutrienti.

La grande differenza di posizioni si evidenzia invece quando si parla sul comportamento da adottare nei confronti dell’industria agro-mineraria. Le imprese propongono di raddoppiare il giro di affari: vendere fertilizzanti per tentare di recuperare almeno in parte i nutrienti (e parte della qualità del suolo). E’ un circolo vizioso in cui il modello impresariale governativo impoverisce i suoli e al tempo stesso, promette di migliorarlo se si comprano i suoi prodotti.

Un parallelo possibile: le industrie del tabacco che offrono cure mediche per il cancro.

Proprio in seno a questa proposta di soluzione del problema, lo stesso INTA avverte: “In Argentina rimane solo il 37% dei nutrienti del suolo”. Il quotidiano La Nazione dà il proprio contributo: “I suoli dedicati all’agricoltura sono meno fertilizzati e si è aggravato il deficit di nutrienti nel suolo”, titola nell’edizione del 4 aprile 2013. Precisando che dei 6 milioni di tonnellate di “fertilizzanti estratti non risparmia il raccolto”, due milioni di tonnellate corrispondono a potassio e gli altri 4 milioni a azoto, fosforo e zolfo. Lamentando, inoltre, che erano stati piazzati (venduti) solo tre milioni di tonnellate di fertilizzante (15% meno del raccolto precedente).

Lo studio di INTA, “Estrazione di nutrienti nell’agricoltura argentina”, di Gustavo Cruzate e Roberto Casas, specifica che la ‘sistemazione’ dei nutrienti varia tra il 34 e il 41% in ogni raccolto. L’organizzazione GRAIN riassume la valanga di critiche rispetto alle proposte delle imprese: “Il grande paradosso è che il ‘ciclo’ dell’agricoltura industriale si completa incorporando fertilizzanti che a loro volta devono essere estratti dal suolo (il fosforo e l’azoto) o fabbricarli dal petrolio (come l’azoto). Nessuno di questi prodotti è rinnovabile e a medio termine si deterioreranno. Ma è ugualmente grave il fatto che l’uso massiccio del suolo completa senza ombra di dubbio la distruzione dei suoli”.

GRAIN esclude che una soluzione possa essere l’applicazione massiccia di fertilizzanti e propone di alimentare i suoli incoroprando materia organica, diversificando le coltivazioni, uscendo dal modello agroindustriale delle monocolture.

L’Organizzazione dell Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), il 24 luglio ha lanciato un “piano di azione per frenare il crescente degrado del suolo”. La FAO, molte volte segnalata dalle organizzazioni contadine di incentivare la grande industria agraria e boicottare quella familiare e agroecologica, ha approvato a Roma un cronogramma di azioni per la costituzione di “regole chiare e azioni corrispondenti (da parte dei Governi) per la gestione sostenibile dei suoli”. “L’attuale ritmo crescente di degrado del suolo minaccia la capacità delle generazioni future di coprire le proprie necessità”, ha avvisato la FAO e ha precisato che il 33% dei suoli coltivabili del mondo sono colpiti dalla perdita dei nutrienti, dall’acidificazione, dalla salinizzazione e dalla contaminazione chimica.

L’agenzia specializzata nella pubblicazione di notizie ufficiali Télam ha parlato esplicitamente della crisi del suolo il 26 maggio scorso. Titolava: “Si dà impulso ad un piano minerario per fornire i territori agricoli con minerali per ottimizzare la qualità del suolo”. Il sottotitolo rafforzava il profilo della notizia parlandone come di un fatto positivo: “Il governo nazionale dà impulso al disegno di un programma destinato a ottimizzare la qualità e la produttività delle terre, in particolare per la zona della Pampa Umida”.

L’articolo, poi, specificava che il Ministero dell’Industria Mineraria e dell’Agricoltura hanno iniziato un programma di “fornitura per la campagna, con minerali destinati ad ottimizzare la qualità dei suoli”.

Jorge Mayoral, segretario di Minería de Nación, ha dichiarato a Tèlam: “Il suolo non è una risorsa inesauribile, fin quando è utilizzato dall’agricoltura perde i suoi migliori micro e macro nutrienti che sono i minerali e dunque è necessario tornare a restituire minerali in modo che i rendimenti perdurino o migliorino”. Ha chiarito, poi, che l’iniziativa punta a fare in modo che “il paese produca di più” e ha spiegato che sono necessari macchinari agricoli progettati specificamente per l’arricchimento dei suoli.

L’articolo dell’agenzia ufficiale termina con una citazione del segretario Mayoral in tono trionfante: “Un anello ulteriore nella catena di valore pensata per questo programma è che siamo tutti nazionalisti e popolari. Il campo, il ‘chacarerismo’[3] che non ha dollari per gli agrochimici ma può accedere a questi minerali che approvvigionano i produttori locali e permettono loro di migliorare il rendimento e fare migliori affari”.

Come si vede l’industria minerale agraria è già in marcia. E il governo celebra.








[1]  Nave di grandi dimensioni con una capacità superiore alle 500 tonnellate e progettato per le lunghe distanze. Viene utilizata confini militari o commerciali.
[2] Unità INTA ubicata nell’area centro meridionale della provincia di Santa Fe.
[3] Da Chacarera, ballo popolare argentino in cui i ballerini si afffrontano, retrocedono e girano. La composizione musicale ha carattere picaresco e ritmi rapidi realizzati con chiatarra e bombo, tamburo tipico realizzato da una sezione di tronco d’albero e pelli di capra.