di Chiara Madaro
A 87 anni l’ex dittatore argentino Jorge Videla confessa in un’intervista
di 20 ore il rapimento e la mattanza di oltre 7.000 cittadini argentini
accusando la classe imprenditoriale di aver favorito la carneficina. La
confessione-intervista è stata pubblicata oggi col titolo di ‘Disposiciòn final’.
L’autore, Ceferino Reato, ripercorre nella sua intervista le tappe salienti
della crudele dittatura che insanguinò il paese dal 1976 al 1981. Per la prima
volta dopo 30 anni, Videla ha riconosciuto di essersi reso responsabile della
sparizione e morte di 7-8 mila persone sebbene la Conadep, Commissione
nazionale per la scomparsa delle persone abbia documentato quasi 9.000 casi
mentre gli organismi umanitari internazionali parlano addirittura di 30 mila
scomparsi.
“Si doveva eliminare un grande numero di persone che non potevano essere
condannate dalla giustizia né tantomeno fucilate” – ha dichiarato con tutta
naturalezza Videla. Attraverso le sparizioni si intendeva mascherare la morte
di coloro che si dimostravano contrari al governo militare senza provocare
proteste. Secondo Videla la mattanza era inevitabile per la cupola militare. “Concordavamo
sul fatto che era il prezzo da pagare per vincere la guerra contro i sovversivi
ed avevamo bisogno che non fosse evidente affinchè la società non se ne
rendesse conto” – dice il dittatore che continua: “Il nostro obiettivo era
disciplinare una società anarchizzata. Rispetto al peronismo volevamo uscire da
una visione populista e demagogica. Rispetto all’economia volevamo andare verso
un’economia di mercato, liberale. Volevamo anche disciplinare il sindacalismo e
il capitalismo prebendario”.
Le dichiarazioni di Videla hanno valore probatorio e andranno ad aggravare
la sua situazione giudiziaria. Attualmente il genocida si trova detenuto con due
condanne a vita per crimini contro l’Umanità.
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