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venerdì 23 maggio 2014

GAS energia pulita? E’ pubblicità ingannevole

di Mauro Telbis, CorpWatch Blog
28 aprile 2014
traduzione: Chiara Madaro
L’azienda Peabody Energy è stata accusata di aver realizzato pubblicità ingannevole in seguito ad una denuncia di WWF Europe. Peabody Energy, società che opera a livello mondiale nel campo dell’estrazione mineraria del carbone, ha, infatti, intrapreso una campagna pubblicitaria allo scopo di promuovere l’uso del ‘carbone pulito’ nei paesi in via di sviluppo sostenendo che potrebbe eradicare il problema della povertà.
Alla fine di febbraio, Peabody ha pagato un annuncio nell’edizione europea del Financial Times in cui comparivano immagini di povera gente di tutto il mondo che cucinavano e si riscaldavano autonomamente e un titolo in cui si legge:”Illumina i tanti volti della povertà energetica globale”.
Secondo la Società si è trattato di un lavoro organizzato allo scopo di “costruire consapevolezza e supporto alle politiche che pongano fine alla povertà energetica, aumentare l’accesso all’energia elettrica a basso costo e migliorare le emissioni utilizzando tecnologie avanzate moderne al carbone”.
“L’energia elettrica alimentata a carbone e a gas naturale sintetico può eliminare la deforestazione diffusa a causa della raccolta di biomassa, così come gli effetti devastanti della povertà energetica”, ha detto Gregory Boyce, Ceo di Peabody, in un comunicato stampa.
Ma la denuncia del WWF sostiene che l’annuncio di Peabody violi il Codice etico pubblicitario che recita: “qualsiasi pubblicità deve essere decente, onesta e verificabile”. Peabody sta commercializzando le sue pericolose tecnologie proprio nei paesi più poveri e con minori opzioni di sviluppo”, dice Tony Long, direttore dell’Ufficio europeo per le politiche del WWF. “La nuova campagna di Peabody Energy segna l’agonia finale di un’industria morente e disperata”.   
Il termine ‘carbone pulito’ è stato coniato dal Congresso degli Stati Uniti negli anni ’80 per riabilitare l’immagine dell’industria sporca del carbone, causa di inquinamento atmosferico e di emissioni di gas serra che provocano il cambiamento climatico. Il termine non tiene, tuttavia, conto dei problemi ambientali e sociali che si creano a lungo termine in seguito all’estrazione del carbone come la distruzione di terre agricole e naturali così come l’inquinamento delle falde acquifere. Peabody parla di processo di cattura e stoccaggio (CCS) che impedisca il rilascio di anidride carbonica in atmosfera. Questo viene realizzato in tre passaggi chiave: il biossido di carbonio creato dalla combustione del carbone viene compresso, trasportato generalmente dalla pipeline e quindi stoccato nel suolo o nei fondali marini.
Queste tecnologie CCS, però, sono spesso costose da installare, secondo il Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti, raddoppiano i costi previsti per i progetti convenzionali. Questo provoca un impennata dei prezzi che può arrivare al 91%. Un’ulteriore preoccupazione sulle tecnologie CCS riguarda la possibilità di fuoriuscita di anidride carbonica stoccata. Infatti, secondo “False speranze”, un rapporto di Greenpeace del 2008, anche la fuga dell’1% dell’anidride carbonica stoccata comporta, di fatto, il fallimento dei propositi dello stoccaggio.
“La nostra analisi dimostra che il passaggio a fonti di energia più pulita e investire nell’efficienza energetica è spesso più economico rispetto alla scelta di spendere miliardi allo scopo di prolungare la vita di impianti a carbone ormai obsoleti”, dice Steve Frenkel, direttore del Union of Concerned Scientists' Midwest office.
Alcuni degli impatti delle miniere a cielo aperto enumerati da Greenpeace includono: la distruzione dei paesaggi, la contaminazione chimica delle acque sotterranee, deforestazione, inquinamento dei corsi d’acqua e compromissione della salute delle persone che vivono nei pressi di siti minerari.
Un’altra questione fondamentale è che il destino delle ceneri di carbone, un sottoprodotto della combustione del carbone che contiene un intruglio di alcune delle più mortali tossine esistenti al mondo, tra cui arsenico, boro, cromo, piombo, mercurio, selenio. La tecnologia CCS converte queste sostanze in un impasto che viene abbandonato in riserve all’aria aperta fuoriuscendo e contaminando le acque superficiali.
Peabody è stata criticata per decenni a causa delle tecniche minerarie nel campo del carbone in particolare in Arizona, dove l’azienda ha firmato un contratto con la tribù Dinè e Hopi che nel 1964 hanno concesso diritti minerari all’azienda e l’uso di una falda sfruttata per decenni.
Due di queste miniere – Black Mesa e Kayenta – hanno alimentato un forte malcontento tra decine di famiglie della zona che, per ironia, vivono su quelle terre senza avere diritti d’uso mentre altre migliaia di persone sono state costrette a spostarsi. Le tribù sostengono anche che l’utilizzo dell’acqua da parte di Peabody ha causato un declino significativo dell’acqua potabile disponibile. I lavoratori delle miniere di carbone hanno contratto gravi problemi di salute come conseguenza dell’estrazione mineraria tra cui asma, bronchite e polmonite. (Black Mesa è stata chiusa nel 2005 mentre Kayenta rimane in funzione).
Ad oggi, Peabody sta tentando di espandere le sue miniere di carbone negli Stati Uniti nel sud dell’Illinois e ha ottenuto una concessione da funzionari locali che consente di avviare nuove operazioni in una comunità chiamata Rocky Branch, malgrado le numerose prove di allagamento, distruzione e problemi di accesso emergenziali e nonostante l’assenza dei necessari permessi ambientali federali.
Per questi motivi Peabody è stata a lungo nell’obiettivo di studenti attivisti nello stato del Missouri dove Peabody ha avviato un ente di ricerca chiamato ‘Consorzio per l’utilizzo del carbone pulito’ presso l’Università di Washington. Una campagna chiamata ‘Studenti contro Peabody’ ha chiesto che il Ceo di Peabody, Boyce, venga rimosso dal Consiglio direttivo dell’Università di Washington e che l’Università cambi il nome  dell’ente di ricerca togliendo il riferimento all’idea del carbone come energia pulita.
“Peabody si propone alla comunità locale fingendosi un benefattore che fa beneficienza all’ “azienda” cittadino, un eroe che affronta la povertà energetica, dice Caroline Burney, senior presso l’Università di Washington. “Tutto suona piuttosto bene finchè non ti rendi conto che Peabody Energy è una delle corporation private più potenti esistenti al mondo e il cui modello finanziario propaga il cambiamento climatico e distrugge le comunità”.
Le azioni che hanno intrapreso ‘Students against Peabody’ consistono nell’esposizione di striscioni in occasione di eventi relativi al carbone e il disturbo pacifico in occasione di discorsi.
L’ultima manifestazione che ha visto protagonisti gli studenti è stato il sit-in di tre settimane contro Peabody. L’ultima settimana 400 persone si sono radunate alla Brooking Hall con cartelli su cui è scritto “quanto vale la nostra integrità?” e “Peabody non può rendere il carbone pulito”.
Peabody non è l'unica azienda che si occupa di combustibili fossili che pratica il rebrand delle proprie pratiche commerciali pubblicizzandole come ecocompatibili. BP ha tentato di fare la stessa cosa cambiando il nome in 'Beyond Petroleum', oltre il petrolio, e dipingendo la società in una luce migliore nel 2000. Purtroppo per la società questa campagna è fallita quando, nel 2010, una piattaforma petrolifera off-shore è esplosa provocando la fuoriuscita di decine di migliaia di barili di greggio nel Golfo del Messico, il peggiore incidente in mare nella storia degli Stati Uniti.

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