di Chiara Madaro
Il Cacique Cirilo |
“Sono diventato capo a 14 anni. Nella nostra
tradizione il figlio minore eredita il ruolo e le responsabilità del padre.
Sono stato educato fin da bambino a comportarmi come un capo Cacique, a
prendere decisioni. A 19 anni ho iniziato una lunga lotta per ottenere il
territorio che oggi ci appartiene – dice José Cirilo, oggi quarantenne – e mi
sono ammalato. Il contatto con la società e le regole dei bianchi mi ha fatto
ammalare. Sono guarito grazie a mia madre che è la curandera e il capo
spirituale della tribù”.
Nel Municipio di Porto Alegre vivono
stabilmente 7 gruppi indigeni appartenenti a tre diverse etnie. Mbyá-Guarani, Kaingang e Charrua, ciascuna delle
quali ha lingua, religione, organizzazione sociale, differenti. Nella geografia
della città trovano collocazione 7 raggruppamenti Kaingang e nuclei familiari
che abitano i “morros graníticos” (São Pedro, Santana, Glória do Osso), 3
raggruppamenti Mbyá-Guarani nelle terre pianeggianti e alte dei quartieri Lomba do Pinheiro, Lami e
Cantagalo e 1 raggruppamento Charrua nel quartiere Lomba do Pinheiro. Una ricchezza
culturale sconosciuta e disconosciuta dai
porto-alegrensi.
Approssimativamente
si calcola che nello Stato del Rio Grande do Sul vivano 350 famiglie e 1600
individui (Soares e Trindade, 2008) che occupano 90 mila ettari a fronte dei 90
mila milioni di ettari che appartengono allo Stato. La scarsità di terre
demarcate influenza negativamente la riproduzione culturale di questi popoli e
l’impossibilità di ottenere accesso alle risorse naturali.
I gruppi tribali e indigeni che vivono nelle periferie delle città hanno grossi problemi di sussistenza e di conservazione della loro lingua e tradizione. “Per conservare la cultura del popolo – dice il Cacique Cirilo – serve la terra”. Ma il suo popolo vive in un territorio abitato da bianchi, la riserva di 9 ettari ha una pianta ‘a macchia di leopardo’. La contaminazione è la naturale conseguenza. Oggi il Cacique sta iniziando una nuova trattativa con il Municipio di Porto Alegre per ottenere un Morro, una collina adiacente all’aldeia. Si tratta di altri 10 ettari di terreno, circa, su cui il comune intende realizzare un parco. “Per il nostro popolo sarebbe utile ottenere quella terra. La famiglia sta crescendo”.
La
situazione dei popoli indigeni in gran parte del Sudamerica è strettamente
legata alla terra. Il popolo di Cirilo, ad esempio, era originario dell’Argentina.
“Ai tempi della presa di Itaipù - racconta l’antropologa Mariana de A. Soares, responsabile per
i gruppi indigeni di Porto Alegre – dove poi fu costruita la diga, i popoli che
vivevano nella foresta, intorno alla cascata, furono cacciati. La famiglia di
Cirilo fuggì e si divise in cerca di nuove terre dove poter vivere. All’epoca
era molto giovane e diventò così capo del gruppo che, oggi, governa’.
Lontani dalla pittoresca immagine che
in Europa arriva sullo stile di vita e l’ambiente naturale in cui abitano i popoli
indigeni e tribali, i gruppi che si trovano in prossimità delle città vivono il
problema della povertà. In mancanza di terre in cui scorrano corsi d’acqua
ricchi di pesce, di foreste abitate da animali da cacciare e frutti da
raccogliere, questi popoli devono comprare gran parte di quello che consumano
per vivere. Come?
Rosani Ries mostra le fasi della realizzazione del progetto |
“Ho pensato ad un progetto per il
recupero di antichi saperi che, ormai, si vanno perdendo, come l’artigianato
della ceramica – dice la Dott.ssa Ries – che potrà essere venduta ai turisti
interessati. Sarà di aiuto nei rigidi mesi invernali in cui è più difficile per
loro procurarsi del cibo”.
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Le prime ceramiche realizzate nell'aldeia |
Ma il progetto avrà ricadute positive anche in estate. Nella cultura indigena i prodotti della terra non si possono vendere: “La Terra è sacra – spiega il Cacique - non si può vendere una cosa sacra”. E’ per questo che i popoli indigeni producono solo lo stretto indispensabile e mangiano solo quando hanno fame.
Una delle classi della scuola dell'Aldeia Anhetengua. Il maestro insegna la scrittura Guaranì |
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