Al
Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
ed
al
Ministero
dello Sviluppo Economico
La
‘strage consapevole’ degli interferenti endocrini e gli effetti avversi dei
combustibili fossili.
Ragioni
di ordine economico e sanitario contro la costruzione della Trans Adriatic
Pipeline (Tap) in Puglia
Abstract
Il presente studio
intende:
o
informare i destinatari circa gli effetti avversi degli endocrine disruptors,
interferenti endocrini, presenti negli
idrocarburi
o
chiarire che il gas è a tutti gli effetti un idrocarburo e che, dunque, è
scorretto pensare o diffondere l’idea che sia meno dannoso di petrolio e
carbone
o
rammentare i costi sociali ed economici della
diffusione di epidemie imputabili agli endocrine disruptors – e quindi agli
idrocarburi - quali autismo, diabete o malattie neurovegetative come Parkinson
e Alzheimer che colpiscono ormai in età precoce cioè in una fase ancora
lavorativa degli esseri umani.
Indice
Pg. 3 - Una strage consapevole
Pg.6
- Il meccanismo degli endocrine disruptors
Pg.7 - Epidemie
- Epidemie:
i numeri dell’autismo
- Epidemie:
i numeri di Parkinson e Alzheimer
- Epidemie:
i numeri del diabete
Pg.9 - Conclusioni
Pg.10 - Autori di
riferimento
Pg.10 - Sitografia
Pg.11 – Note di
rilievo sull’autrice
Una strage
consapevole
Mentre si
diffonde la notizia dell'inizio dei lavori di bonifica per l’Ilva
e che saranno necessari almeno 100 anni perché a Taranto la
situazione ambientale si normalizzi rispetto all'inquinamento indotto
dall’acciaieria, in Salento imperversa la battaglia contro Tap.
E vengono in mente le 713
pagine della recente sentenza sul caso Eternit in cui i giudici parlano di
‘strage consapevole’ da parte di chi
gestiva l’impianto e di cinismo perché, malgrado fossero ormai chiari gli
aspetti nocivi dell’amianto, ci fu un tentativo di minimizzare gli stessi
allo scopo di continuare la produzione. La portata di quei comportamenti fu di
tale straordinaria portata che ancora oggi il pericolo prosegue; l’amianto si
trova oggi in scuole e ospedali e le bonifiche comportano costi elevati e
rischi.
Temi che hanno molto in comune con
il tentativo in atto di fare della Puglia l’hub energetico dell’Europa, un
punto di passaggio e raccolta di idrocarburi per il nord dell’Unione e per la
Svizzera e che, come spiegato nei siti delle compagnie petrolifere inglesi,
troverebbero nella realizzazione del gasdotto Tap la testa d’ariete a propositi
di portata ben più vasta. Sintomo di un approccio antiquato e non ulteriormente
percorribile alla questione dell’approvvigionamento energetico.
La dott.ssa Theo
Colborn, presidente di Tedx, Endocrine disruption exchange e Professore Emerito
presso l’Università della Florida dal suo sito informativo ricorda come già gli
antichi romani fossero a conoscenza dell’incidenza sulla salute umana di alcune
sostanze e minerali. Una consapevolezza talmente consolidata che i condannati a
morte anziché essere giustiziati, venivano costretti ai lavori forzati nelle
cave di piombo.
All’avvio del terzo
millennio non possono sfuggire ai nostri intelletti le numerose evidenze
scientifiche sull’incidenza delle tante componenti chimiche contenute nei
combustibili fossili sulla salute della mente umana o sulla lesione del genoma
degli esseri viventi.
Più avanti verrà
dimostrato come affermare che le emissioni di CO2 saranno ridotte al minimo non
solo è insufficiente ma è scorretto e sintomo di pericolosa ignoranza o criminale
incoscienza da parte di Tap. Le sostanze chimiche contenute nei combustibili
fossili non si limitano all’anidride carbonica.
Dall’estrazione alla
raffinazione, dalla distribuzione allo stoccaggio, dalla lavorazione alla
destinazione dei reflui nel sistema fognario, che si tratti di petrolio, di gas o di carbone, il percorso dei
combustibili fossili è dannoso in ogni sua tappa.
Dire che il gas sia
meno pericoloso del petrolio o del carbone è, dunque, inesatto. Negli Stati
Uniti, dove l’esperienza dell’estrazione di gas anche non convenzionale dura da
anni, gli esperti hanno raccolto prove schiaccianti in merito alle conseguenze
della contaminazione da idrocarburi. La fame di energia e la necessità di
svincolarsi dall’approvvigionamento di paesi politicamente instabili, il
pericolo proveniente dal dover competere con paesi in cui la produzione
industriale è in crescita spasmodica, paesi come la Cina, con cui il dialogo è
difficile, hanno indotto gli Stati Uniti a raccogliere il gas anche in zone
densamente popolate. Le conseguenze sulla salute degli esseri viventi non hanno
tardato a mostrarsi.
Secondo numerosi e
accreditati studi scientifici, quando si parla di combustibili fossili è
inevitabile fare riferimento anche al fatto che le sue componenti chimiche
siano note anche come endocrine
disruptors, distruttori endocrini. Queste componenti chimiche danneggiano
le cellule e i tessuti degli organismi degli esseri viventi attraverso diversi
meccanismi. Essi non solo deteriorano in maniera diretta le membrane cellulari
o le varie componenti intracellulari: gli xenobioti (componenti chimiche
esterne) possono anche alterare la comunicazione tra le cellule e quindi
rompere l’organizzazione di cellule e tessuti. Oggi la scienza ripone sempre
maggiore attenzione ai distruttori ormonali che agiscono in maniera diretta o indiretta
sulla naturale capacità degli ormoni.
Secondo la Dott.ssa
Colborn, i disordini del sistema endocrino hanno assunto proporzioni epidemiche e riguardano le disabilità di apprendimento
e comportamentali, autismo, problemi nella gestione degli stati d’animo,
infertilità, sviluppo gonadico abnorme, cancro degli organi riproduttivi,
esordio puberale anormale, diabete, obesità, reazioni asmatiche e allergiche
ecc. Le sostanze chimiche derivanti dai combustibili
fossili stanno già deprivando l’umanità della sua integrità e la sorte
della razza umana non può ulteriormente essere messa a rischio a causa del
fallimento di antiquati test tossicologici nell’individuare i danni causati
dall’esposizione alle componenti chimiche.
I cambiamenti al sistema nervoso centrale
possono provocare autismo, deficit dell’attenzione e disordini da iperattività,
Parkinson e Alzheimer. Gli effetti sul sistema riproduttivo, invece, possono
portare all’infertilità, a difetti del feto, a endometriosi, a cancro al seno,
alla prostata ed alle gonadi. Altri danni vengono arrecati al sistema metabolico
e quindi diabete e obesità.
Da
una prospettiva economica e della sicurezza nazionale
– dice Colborn – i costi sono troppo
alti per tardare ulteriormente nel prendere misure preventive e riparatorie.
Solo per l’autismo,
le spese che sia le famiglie che lo Stato devono sopportare sono altissime.
Quando si mettono sul piatto della bilancia costi e benefici riguardo
l’estrazione e la lavorazione del gas, si dovrebbero tenere in considerazione
anche questi fattori. Chi occupa posti in Parlamento non può far finta di
niente giacchè rientra nei compiti della politica informarsi per il bene dei
cittadini e del Paese.
L’estrazione, la
lavorazione e il bruciamento di combustibili fossili (gas naturale, petrolio e
carbone) introducono vaste quantità di sostanze chimiche tossiche per il nostro
ambiente e per i nostri organismi. Queste sostanze e decine di centinaia di
prodotti chimici sintetizzati da esse, sono ormai presenti in ogni ambiente
della Terra, incluso il grembo materno. Concentrazioni estremamente basse di
queste sostanze possono danneggiare il sistema endocrino interferendo con
l’intricata e delicata rete delle naturali interazioni chimiche basilari per lo
svolgimento delle normali funzioni dell’organismo e della sua capacità di sviluppo.
Non c’è fine agli
inganni che gli endocrine disruptors possono giocare sui nostri organismi:
maggiore produzione di alcuni ormoni, minore produzione di altri, imitazione
degli ormoni, trasformazione di un ormone in un altro, interferenze nella
segnalazione di ormoni, impulso ad una morte prematura delle cellule, competizione
con nutrienti essenziali, accumulo negli organi che producono ormoni.
Ma il problema non è
nuovo neanche per il nostro Paese. Ci sono state interrogazioni parlamentari
che hanno chiesto delle azioni sul grave caso delle malformazioni neonatali di
Gela, a Caltanissetta. La stampa locale riferisce di ‘Bimbi con
sei dita alle mani o ai piedi. Alcuni nati senza un orecchio, altri senza il
palato. Idrocefali con teche craniche di dimensioni abnormi. I numeri dicono
che a Gela le malformazioni sono sei volte superiori alla media. Numeri in
costante aumento, finiti sul tavolo della Procura che ha aperto una nuova
inchiesta per far luce sulle responsabilità. Sul banco degli imputati i veleni
della raffineria. A Gela il polo petrolchimico lavora dal 1965 e gli endocrine
disruptors hanno già mostrato le loro conseguenze.
In Italia è nato il progetto europeo
Life-Edesia (Endocrine disruptors in silico/in vitro – Evaluation and
Substitution fon Industrial Applications) allo scopo di sostituire le tante
sostanze dannose utili alla creazione dei tanti utensili o prodotti per
l’igiene personale con sostanze più sicure ma altrettanto valide per gli usi
industriali.
A fronte di uno sforzo di tali proporzioni
è comprensibile avere dei dubbi sui benefici dichiarati da Tap ma anche sul
senso dello stesso Life Edesia il cui valore verrebbe di fatto annullato dalla
Trans Adriatic Pipeline.
Il meccanismo degli endocrine
disruptors
Così come i metalli
pesanti, anche gli idrocarburi tendono ad accumularsi in alcuni tessuti degli
esseri viventi. Attraverso cibo o bevande contaminate o per via cutanea, queste
sostanze si diffondono rapidamente perché liposolubili e dunque in grado di
attraversare le membrane cellulari e depositarsi nei tessuti adiposi e negli
organi drenanti (reni e fegato). Da qui vengono metabolizzati in pochi giorni
ed eliminati. Ma nel frattempo hanno avuto modo di legarsi a DNA ed RNA
provocando, dunque, alterazioni genetiche. E’ quello che succede alle cellule di chi vive a costante
contatto con queste sostanze e non ha modo di metabolizzare ed eliminare quegli
endocrine disruptors che sono nel pesce, negli ortaggi e nella falda. Nel già
citato caso di Gela, si registrano gravi patologie quali le malformazioni
congenite totali: il 6% in più ovvero 6 volte superiore rispetto
alla media nazionale. Si parla di spina bifida, microcefalia, cardiopatia,
ipospadia (malformazione dell’apparato urogenitale), difetti del sistema
nervoso, riduzione degli arti, onfalocele (una patologia
congenita della parete addominale, a causa della quale i
bambini nascono senza muscoli né pelle nella zona ombelicale per cui gli organi
addominali – fegato, intestino e stomaco – fuoriescono avvolti solo da una
membrana trasparente), difetti minori (appendice preauricolare, piede torto
posturale, angiomi, criptorchidismo, dislocazione congenita dell’anca) e si registrano casi di neoplasie e
cancri per una media che è il 10% superiore rispetto alla media nazionale,
mentre i cancri al polmone arrivano al 20% in più. Questi ed altri dati possono
essere reperiti in uno studio di qualche anno fa curato da Fabrizio Bianchi,
Sebastiano Bianca, Fabrizio Minichilli, Anna Pierini e Mariangela Protti per il
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Sezione Epidemiologia dell’IFC di Pisa e
per l’Azienda ospedaliera G. Garibaldi, Servizio di Genetica Medica di Catania.
Si tratta comunque di dati sorpassati che, data la natura del problema, nel
tempo hanno assunto proporzioni esponenziali. Sarebbero necessarie ulteriori
ricerche, così come richiesto di recente in Senato (Atto n. 4-08112 Pubblicato il 7 agosto 2012, nella
seduta n. 787), ma quello che, invece, succede è che chi si azzardi
ad avvertire ed informare sulle ricadute sanitarie di un’economia basata sugli
idrocarburi, venga poi minacciato di denuncia per immotivato allarme.
Epidemie
Le malattie indotte
dagli endocrine disruptors sono numerose e terribili. Le malformazioni
genetiche neonatali colpiscono soprattutto le città o le aree geografiche che
ospitano centrali o pipeline che lavorano o trasportano gli idrocarburi.
Ma esistono malattie
che colpiscono un numero sempre maggiore di cittadini al punto che è possibile
parlare di epidemia. E il dato è tanto più preoccupante se si pensa che
colpiscono cittadini sempre più giovani. Malattie che nell’immaginario
collettivo appartengono a persone anziane affliggono anche i quarantenni.
Il
rapporto tra cittadini attivi e non attivi o in stato di dipendenza aumenta
e i costi diventano insostenibili. Lo Stato italiano spende molto poco rispetto
ad altri paesi europei e la crisi ha ridotto di molto le già insufficienti
risorse destinate alla sanità pubblica. Le famiglie vengono lasciate sole, i
familiari finiscono per non poter lavorare e vendere la casa pur di prendersi
cura dei propri cari. Le conseguenze sociali e finanziarie sono più che
evidenti.
In questo breve
studio si è scelto di non prendere in considerazione il problema delle
neoplasie – tema su cui già Lilt validamente combatte – e fornire qualche dato
sul numero di malati e sulla spesa pubblica generata dalla diffusione di alcune
tra le più diffuse malattie: autismo, Parkinson e Alzheimer, diabete.
Epidemie: i numeri
dell’autismo
Negli ultimi anni i
bambini che si ammalano di autismo in Italia sono 1 su 150/200, con un aumento
del 1000%. Circa vent’anni fa gli ammalati erano 1 su 2000. Negli Stati Uniti i
dati sono ancora più tragici.
Numeri in aumento
verticale che fanno parlare di epidemia.
Interessi
estremamente limitati, difficoltà di relazione e nella comunicazione. Chi
soffre di autismo a livelli gravi non è nemmeno in grado di esprimere bisogni
primari come la sete o la fame. Il senso di frustrazione che ne deriva può
sfociare in comportamenti aggressivi verso se stessi o gli altri. Problemi che
necessitano di cure e terapie specifiche che vanno dalla logopedia alla psicomotricità
a tecniche nuove come l’Analisi comportamentale applicata. Queste terapie inducono
un miglioramento visibile rispetto alla malattia ma anche costi insostenibili
per le famiglie. Si parla in media di una spesa che si aggira intorno ai 900
euro al mese ma può anche superare questa cifra, c’è chi spende 1.700 euro.
Spese non fatturabili. Cifre che solo una famiglia benestante può consentirsi
di spendere. Le famiglie vengono di fatto abbandonate a se stesse. Il mondo
della scuola, impreparato a sostenere l’emergenza, il personale insufficiente. In
tutto ciò lo Stato è assente.
Epidemie: i numeri di
Parkinson e Alzheimer
Il mondo della
scienza parla di malattie neurovegetative come Parkinson e Alzheimer come di
una vera e propria emergenza clinica e sociale. Ad oggi in Europa si contano 7milioni
di ammalati di Parkinson e 30 milioni di Alzheimer. Numeri che nei prossimi
venti anni sono destinati a raddoppiare.
Dati preoccupanti
anche perché l’età degli ammalati si abbassa tragicamente. Il Parkinson non è
più un problema degli anziani: 10 malati su 100 hanno meno di 40 anni.
Per la
Comunità Europea si tratta di un onere sempre più gravoso per la società e per
l’economia in quanto il rapporto tra popolazione attiva a non attiva aumenta e
riporta i dati relativi aggiornati al 2005 sui costi complessivi diretti e
indiretti per la cura del morbo di Alzheimer e di altre forme di demenza
stimabili nell’ordine dei 130 miliardi di Euro cioè 21mila euro per paziente.
Solo in Italia
l’Alzheimer colpisce circa 600mila persone mentre i malati di Parkinson
superano le 250mila unità. L’impatto sociale è devastante anche perché si
tratta di malattie progressive che hanno un ciclo di circa dieci anni durante i
quali l’autonomia del paziente si affievolisce sempre di più richiedendo alle
famiglie un impegno e costi insostenibili. Oltre il 75% delle cure viene
fornito dalle famiglie che si trovano a dover affrontare il dramma di emergenze
sanitarie irrisolte.
Critici i dati relativi
ad una delle regioni più inquinate, la Campania. Qui si parla di 60mila casi,
80mila prendendo in considerazione le demenze correlate. Secondo il biochimico
americano Gregory Petsko, membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze,
Professore di neurologia e neuroscienze al Weill Cornell Medical College, afferma
che quando all'Alzheimer aggiungiamo il Parkinson, la sclerosi laterale
amiotrofica, la malattia da prioni (Creutzfeldt Jakob) e le altre
"minori" malattie neurodegenerative, il quadro è ancor più
preoccupante.
Epidemie: i numeri
del diabete
Secondo dati ISTAT
aggiornati al 2012, negli ultimi vent’anni la possibilità di contrarre il
diabete è aumentata del 60%, dato impressionante se si pensa che nel 1993 la
percentuale era ferma al 3,4. Gli italiani che si sono ammalati di diabete
hanno superato le 3.268.00 unità, il 5,5% della popolazione nazionale.
Secondo la
Federazione Nazionale Diabete, Fid, è lecito parlare di epidemia. Le
statistiche precedenti avevano sottovalutato la gravità del problema. Chi si
ammala ha tra i 40 e i 60 anni e si trova, dunque, in età lavorativa. Le
previsioni dicono che nel 2025 il numero dei diabetici supererà i 380milioni.
In Italia i costi del
diabete erodono il 9% delle risorse: 9,22 miliardi di Euro all’anno.
Conclusioni
Ad oggi sono state
identificate circa 60 sostanze chimiche tra gli endocrine disruptors, agenti
esogeni che interferiscono con vari aspetti della naturale fisiologia degli
ormoni. Il danno che queste sostanze arrecano al potenziale riproduttivo e alla
salute, hanno di recente generato uno sforzo di comprensione da parte della
comunità scientifica e del pubblico e il mondo della politica non può tirarsene
fuori.
Sono in corso
epidemie generate da quella che alcuni scienziati hanno chiamato la ‘Fossil
Fuel Connection’ mentre la società chiede di andare incontro a fonti di energia
sostenibili quali minieolico e fotovoltaico che garantirebbero autonomia
energetica e numerosi posti di lavoro togliendo alle mafie l’affare miliardario
dei mega impianti. Nel nostro paese è stato, invece, introdotto un intricato
intreccio normativo che ha portato
all’estero circa 100.000 posti di lavoro altamente specializzato assicurati
dall’industria delle energie alternative.
Nel nostro paese
esiste una forma di schizofrenia che deve essere superata e può essere superata
se si lavora all’univoco tentativo di restituire all’Italia credibilità e
affidabilità.
Autori di riferimento
Kaye Kilburn H. MD, è Presidente e direttore di Neuro-Test, Inc., Pasadena.
CA, ed è stato professore di medicina e direttore del laboratorio di scienze
ambientali dell'Università di Southern California Keck School of Medicine per
26 anni.
Maria Rita D’Orsogna,e Thomas Chou, Department of
Mathematics, California State University at
Northridge,Los Angeles, CA 91330-8313, Department of Biomathematics,
David Geffen
School of Medicine, University of California, Los Angeles, CA 90095-1766
Neil Carman, Ex funzionario del Texas per l’ambiente e direttore del Lone Star
Chapter per l’aria pulita del Sierra Club, la più antica ed importante organizzazione
ambientale negli Stati Uniti
Theo Colborn,
presidente di Tedx, Endocrine disruption exchange e Professore Emerito presso
l’Università della Florida
Sitografia
http://www.disabili.com/scuola-a-istruzione/articoli-scuola-istruzione/25025-autismo-quanto-mi-costi
Note di maggior
rilievo sull’autrice
- Laureata
con Lode in Storia delle Relazioni
Internazionali presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università del Salento con una tesi
di 335pg su “La sfida delle Nazioni
Unite: il Protocollo di Kyoto e il diritto dell’umanità e dei popoli
indigeni all’ambiente. Il caso dell’Amazzonia brasiliana”.
- Master
di II Livello su protezione dell’ambiente globale e politiche
internazionali “Nuove professioni: l’ambiente come opportunità” presso Università della Tuscia e
patrocinato da Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare 2009/2010; tirocinio presso Archivio Pace Diritti Umani,
Cattedra Unesco dell’Università di Padova con la pubblicazione di un Dossier su Diritti umani dei popoli
indigeni e ambiente consultabile sul sito http://unipd-centrodirittiumani.it/.
Titolo della Tesi finale: “Equilibri
dinamici: reati ambientali e genocidi, economia ed etica, foreste e
diritti umani”.
- Collabora
con ‘La Nuova Ecologia’ e ‘Libera Informazione’
- Creatrice
del blog http://amandaje.blogspot.it/ titolo:
Sea Shell – il suono dell’universo; soggetto: diritti umani, ambiente,
legalità
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