di Chiara Madaro
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Comitati, assemblee
cittadine, manifestazioni, contestazioni, sit-in, ricorsi. La notizia che il
progetto internazionale Trans Adriatic Pipeline (Tap), approderà sulle coste
salentine provoca reazioni risolute e indignate. E’ la lotta impari di un
popolo contro un megaprogetto internazionale, delle energie alternative contro
la cultura degli idrocarburi, di un’economia sostenibile, democratica e in
forte crescita contro una finanza arrogante e decadente.
“E’ incomprensibile - dice
il sindaco di Melendugno Marco Potì – la scelta dell’approdo del tubo è ricaduta
in un’area che sta tra l’Oasi protetta delle Cesine e il Parco archeologico di
Roca. Forse è stata fatta da qualche tecnico norvegese che non sa cos’è Roca e
cosa sono i nostri territori”, continua Potì.
Ma di cosa si tratta? Il
tubo in questione si snoderebbe per circa 900Km e porterebbe gas estratto dall’Azerbaigian
al nord Europa attraversando Turchia, Grecia, Albania e Mare Adriatico. Il
nostro paese sarebbe solo un punto di passaggio.
Il tratto off shore ricadrebbe
al largo delle coste salentine e si prolungherebbe per 45Km fino ad emergere su
un rinomato tratto di costa sabbioso, attraversare un bosco di macchia
mediterranea e arrivare ad una centrale di depressurizzazione che occuperebbe un’area
di 12 ettari per poi proseguire il suo cammino fino a Mesagne e allacciarsi
alla centrale di Snam Rete Gas.
Il tubo avrebbe un diametro
di tre metri e, una volta approdato sulla terraferma dovrebbe essere
accompagnato da una fascia di asservimento spessa 20metri per lato. Il
terminale di ricezione, dotato di tre ciminiere, sarebbe, invece, circondato da
una distesa di 9 ettari di cemento armato a causa dei rischi di esplosione.
“Per far posto all’opera –
dice la giornalista Maria Grazia Fasiello – si dovrebbe passare sulle proprietà
di 130 persone che al 10 settembre, giorno in cui Tap ha presentato l’ultimo
progetto, non erano state avvisate. Lo hanno saputo da me quando ho telefonato
per un’intervista”.
Proprietari terrieri e
aziende di pregio che contribuiscono a fare del Salento un brand di successo in
crescita e che sulla terra basano la propria economia.
“La cosa che ancora mi fa venire i brividi –
dice il vicesindaco di Castrì Andrea De Pascali - è che anche noi
amministratori locali siamo venuti a conoscenza della cosa dalla stampa, nessuno
era stato avvisato o coinvolto da parte degli organi centrali. Questi progetti
non possono passare sopra l’informazione della gente”.
Eppure così è stato
malgrado il fatto che la zona di cui si parla sia densamente popolata: ricade
nel territorio del Comune di Melendugno ma dista pochi kilometri anche da
Castrì, Vernole e Calimera – più di quelli che per l’On. Giovanardi sono ‘5
gatti stesi al sole per due mesi l’anno’ - e che si interrogano sulle
conseguenze sociali ed ambientali che danneggerebbero le popolazioni salentine.
Preoccupazioni
affatto immotivate se si pensa che solo nel 2013 gli incidenti che hanno
interessato gli impianti di idrocarburi in tutto il mondo sono stati
nell’ordine delle centinaia. I paesi più sviluppati non ne sono immuni.
Dai cattivi
funzionamenti dei compressori alle frane, dai naturali movimenti della Terra
alla corrosione delle tubature. Le cause degli incidenti devastanti che
coinvolgono le pipeline di tutto il mondo sono innumerevoli. Non si parla solo
di esplosioni ma anche di perdite di gas secco e liquido che comportano la
contaminazione di vaste aree e l’evacuazione di interi centri urbani. Solo
negli Stati Uniti si contano a decine gli episodi che, ogni anno, costringono
le amministrazioni a fare i conti con le cause di una cattiva risposta alla
fame di energia delle nostre società. In genere non è possibile fermare in
tempi rapidi il rilascio dei tanti e dannosi elementi chimici contenuti negli
idrocarburi in seguito ad un incidente a causa dell’impossibilità per l’uomo di
avvicinarsi alle aree contaminate. Non è possibile nemmeno conoscere con
esattezza la tipologia dei contaminanti che vengono sversati nelle aree
circostanti una pipeline o, peggio, una centrale.
Ma gli incidenti eclatanti
non sono gli unici responsabili delle contaminazioni ambientali e delle specie
viventi. Secondo uno studio
della Prof.ssa D’Orsogna, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze
Matematiche della prestigiosa Università della California: “Tutte le operazioni
di trattamento dei prodotti petroliferi, a qualsiasi livello, hanno la
possibilità di emettere quantità più o meno abbondanti di idrogeno solforato,
sia sottoforma di disastri accidentali, sia sottoforma di un continuo rilascio
all’ambiente durante le fasi di estrazione, stoccaggio, lavorazione e trasporto
(…)”. Uno
stillicidio capace di innescare effetti irreversibili.
Sebbene i danni alla
popolazione vengano in genere sminuiti dalle autorità competenti e il numero
delle vittime circoscritto a chi si trovi nelle vicinanze di un’esplosione o
una fuga di gas, la scienza, oggi, svolge studi epidemiologici e
sperimentazioni cliniche con carattere di evidenza che documentano i gravi
danni alla salute che a breve e lungo termine ricadono sulle popolazioni che
vivono in aree in cui si registra la presenza di impianti a gas.
Si tratta di studi
relativamente recenti e poco divulgati alle masse ma concordi sui risultati.
Sotto accusa in particolare l’idrogeno solforato, in competizione nel nostro
organismo con l’ossigeno al punto da creare nei tessuti un deficit nella
respirazione cellulare. Ma ci sono anche il diossido d’azoto, la materia
particolata, idrocarburi aromatici polinucleari ecc. Tonnellate di componenti
tossiche volatili che una volta a contatto con altre componenti (ad esempio
l’acqua) provocano misture letali. Affaticamento, depressione, perdita di memoria e del senso
dell’equilibrio, problemi di insonnia, ansia, torpore letargico, difficoltà
nelle capacità di problem-solving, tremori, svenimenti, e disturbi all’udito,
al naso e alla gola. Questi i sintomi più comuni. Anche a basse
dosi i componenti chimici contenuti negli idrocarburi danneggiano il Dna
provocando malformazioni congenite gravi e uccidendo i neuroni del cervello.
Secondo il Dott.Neil Carman, ex funzionario del Texas per l’ambiente e
direttore del Lone Star Chapter per l’aria pulita del Sierra Club, la più
antica ed importante organizzazione ambientale negli Stati Uniti,
“(…)grazie al peso delle lobby dell'industria del petrolio e del gas, questo
famigerato ‘ladro di cervello’ non è nemmeno elencato come un pericoloso
inquinante dell'aria dall'Environmental Protection Agency, (Agenzia
statunitense per la protezione dell’ambiente)”.
Ma per la Commissione
americana sugli effetti medici e biologici degli inquinanti ambientali, le
conseguenze di queste sostanze provocano danni - anche letali - a breve termine
per le elevate concentrazioni e a lungo termine al sistema nervoso, alla vista,
al sistema respiratorio ecc. La crescente presenza di tali sostanze
nell’ambiente, infatti, coinvolge in particolare bambini e donne in gravidanza
in quanto hanno maggiori capacità di bioaccumulo ed ha effetti sul feto
trasferibili alle generazioni successive, se sopravvivono. Esistono, infatti,
anche dati riguardanti modificazioni del Dna e dell’Rna e instabilità genomica
indotte da quantità di inquinanti anche inferiori rispetto a quelle consentite
dalla legge con effetti irreversibili.
In Salento a dar voce
alle preoccupazioni della gente, il Dott.Giuseppe Serravezza, presidente di
Lilt Lecce, che si schiera contro la realizzazione dell’impianto e dice: “Il
rigore sulle emissioni è prioritario in Puglia e nel Salento, ulteriori fonti
di emissione ambientale rappresenterebbero, e di fatto lo sono, rischi
aggiuntivi per zone che hanno abbondantemente oltrepassato i limiti di legge e
di sostenibilità”. “La salute e la qualità della vita delle persone e del
territorio - dice ancora - sono prioritarie e non negoziabili con azioni di
mitigazione, di compensazione economica o di monitoraggio; come se monetizzare
i rischi, osservarli e intervenire a posteriori fossero azioni etiche e
rispettose della dignità dei destinatari. La logica del mercato non si applica
alla Vita che è un bene superiore e sacro”.
Secondo Lilt Lecce è
fondamentale sensibilizzare e coinvolgere la popolazione perché i danni provocati
dal tipo di emissione di questi mega progetti sono subdoli in quanto colpiscono
irrimediabilmente anche il sistema endocrino che regola gran parte di ciò che
accade nel corpo umano.
Un problema talmente eclatante
che anche il Parlamento europeo ha sentito l’esigenza di avviare studi e misure
di prevenzione. In un recente documento dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità e del Programma Ambiente dell’Onu si parla di un aumento esponenziale
non solo dei casi di tumore ma anche diabete, sviluppo neurologico e quindi
autismo, deficit dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD). Certo condurre studi
in questo ambito è difficile; è pressoché impossibile stabilire con precisione
in che modo un interferente endocrino modifichi il funzionamento dell’organismo
anche perché la stessa conoscenza del funzionamento del sistema endocrino è
ancora limitata e poi perché le interazioni tra interferenti ed altre
componenti chimiche sono innumerevoli e anch’esse sconosciute. Ma per il
Parlamento europeo il fatto che la scienza ci dia conoscenze incomplete, “non
può costituire un pretesto per
l’inazione, giacchè sono troppo grandi i rischi di danni irreversibili agli
esseri umani e all’ambiente”.
La dott.ssa Theo
Colborn, presidente di Tedx, Endocrine disruption exchange e Professore Emerito
presso l’Università della Florida, racconta che già nei primi anni ’90 la
scienza aveva rivelato che i protocolli tradizionali in uso per i test
tossicologici relativi agli elementi chimici allo scopo di determinarne la
sicurezza rispetto alla salute degli esseri viventi, avevano completamente
perso di vista una vasta gamma di elementi chimici che penetrano il grembo
materno ed interferiscono con la costruzione e programmazione degli animali in
via di sviluppo, compresi gli esseri umani. Tra questi, componenti degli
idrocarburi.
“Da quel momento -
dice Colborne - sono state accumulate prove schiaccianti indicanti che la
presenza di quantità infinitesimali di alcune sostanze chimiche che si accumulano
nell’organismo nel corso delle continue fasi di sviluppo che si alternano prima
della nascita, possono alterare il fenotipo ereditato come, ad esempio, la
capacità di apprendere, amare, di elaborare informazioni, riprodursi e anche
mantenere un peso corporeo normale. (…) L’equilibrio del sistema endocrino –
continua - è così finemente bilanciato che l’ambiente del grembo materno
dipende da cambiamenti delle concentrazioni di ormoni equivalenti ad un
trilione di grammo. In termini temporali, questa quantità equivale ad un
secondo in 3.169 secoli”.
Sviluppo gonadico
abnorme, infertilità, ADHD, autismo, diabete, disturbi della tiroide tumori
infantili e in età adulta, sono disordini che hanno subito un aumento in
prevalenza negli ultimi anni e che oggi vengono collegati alle esposizioni con
cui viene a contatto il feto. L’aumento di questi disturbi è stato segnalato in
vari paesi dell’emisfero settentrionale e costituisce un problema di
proporzioni globali.
A livello popolare i
costi vanno nell’ordine dei miliardi di dollari di perdite annuali anche per
uno solo tra questi disordini. “I distruttori endocrini – lamenta Colborn - sono
diventati una parte integrante della nostra economia e del nostro stile di vita
ma nel frattempo stanno insidiosamente affliggendo la salute e l’intelligenza
degli individui su scala globale”.
Deboli, quindi, le
ragioni delle reazioni di Tap innescate dalle dichiarazioni di Serravezza accusato
di “apodittica contrarietà alla realizzazione di qualsiasi attività economica”
minacciando di ricorrere alle vie legali per arginare la diffusione di quelle
che vengono definite inesattezze riguardo al progetto e di mancanza di prove
scientifiche.
Accuse
fragili da parte di chi è egli stesso latore di numerose inesattezze. Lo scorso
luglio, infatti, il Country manager italiano di Tap Giampaolo Russo in
commissione esteri del Senato parla di coinvolgimento delle popolazioni in atto,
di accordi di massima e afferma: “Grazie
al gasdotto Tap forniremo maggiore sicurezza negli approvvigionamenti
energetici per l’Italia e garantiremo a livello locale, benefici in termini di
crescita economica e creazione di posti di lavoro insieme a una piena tutela
dell’ecosistema”.
“Questo
significa essere bugiardi e scorretti – tuona il sindaco Potì – in Consiglio
comunale per ben due volte abbiamo votato contro all’unanimità. Inoltre questo
gas non è per l’Italia e poi di quali posti di lavoro sta parlando? Di tre
custodi e 10 ingegneri norvegesi? Solo quest’estate il settore turistico ha
registrato 3660 posti in più”.
E’ altra l’idea di sviluppo virtuoso per il Salento,
non a caso eletto ‘Territorio dell’anno 2013’ e capace di superare di gran
lunga la mitica Sardegna: turismo, cultura ma anche energia alternativa nella
terra del mare, del sole e del vento. “Fonti rinnovabili significa democrazia –
dice l’Ing.Antonio De Giorgi del direttivo di Italia Nostra Sud – ma negli
ultimi anni abbiamo perso posti per 100mila persone che lavoravano nel
fotovoltaico. Le nostre aziende - puntualizza – erano il fiore all’occhiello
nella produzione internazionale e sono dovute andare all’estero perché il
Governo un paio d’anni fa ha azzerato il fotovoltaico con marchingegni
legislativi”.
Storie di ordinaria follia per il nostro paese che
oggi si trova a fare accordi con un dittatore invece di puntare sull’autonomia
energetica garantita da fotovoltaico e minieolico. Ma già: le rinnovabili non
sono sufficienti. “Chi dice queste cose in pubblico spacciandosi per esperto
dovrebbe vergognarsi perché non è vero – dice ancora l’Ingegnere – con le
rinnovabili l’energia diventa un bene comune, possiamo essere autosufficienti,
sono il modello verso cui stiamo andando; possiamo decidere se essere
protagonisti del cambiamento”.
Non solo uno spreco, non solo un danno, la Tap. I
motivi del ‘no’ non finiscono qui. “E’ un no convinto e molto documentato -
dice Gianluca Maggiore, portavoce del Comitato No-Tap – quest’opera è un’enorme
speculazione. Come cittadini abbiamo il diritto di difendere il nostro
territorio e anche che non venga sprecato denaro pubblico”. E approfondisce:
“Ci sono già stati investimenti pubblici: Tap ha preso un centinaio di milioni
di euro nell’ambito del cosiddetto Corridoio Sud. E così è stato anche per
Poseidon, Sep e Nabucco. In totale la fase di progettazione e ingegnerizzazione
è costata alle tasche degli europei 400milioni di euro”. E non è tutto perché
dalla centrale in progetto per Melendugno il tubo dovrà ricollegarsi alla Rete
Snam di Mesagne. “Questo tratto non ha ancora un progetto – spiega il sindaco Potì
– non si sa da dove passerebbe. Ma quel tratto verrebbe pagato prendendo una
quota dalle nostre bollette. Altro che risparmio, ci sarebbe un aumento”.
E tutto per un progetto che servirà ad insufflare gas
al nord Europa e che farà del nostro paese un punto di passaggio. “Questo gas
non è per l’Italia – dice Gianluca Maggiore – in realtà noi veicoliamo già il
doppio del gas che consumiamo. Noi del comitato collaboriamo anche con il
Comitato No Tubo perché questa è la battaglia
di una nazione contro un’opera inutile, senza dubbio”.
“Sono stupri al territorio – dice Serravezza – la cosa
che mi fa rabbia è che questa gente crede che siamo un popolo prezzolato pronto
a vendersi, nel resto del mondo occidentale nessuno speculatore va a proporre
scempiaggini simili!”.
Eppure se qui accade un motivo c’è. Molti senatori
pugliesi hanno votato a favore del gasdotto a riprova di una politica immatura.
“Anche se senza logica non ci stupisce che molti senatori pugliesi abbiano
votato in favore di Tap – afferma in un comunicato il Comitato No-Tap – un po’
per la distanza di queste persone dai problemi reali del paese, un po’ per la
pratica che hanno gli uomini di Tap delle stanze del potere”.
Secondo il Comitato non sarebbe stato possibile dare
approvazioni ad un progetto che è stato bocciato una prima volta, che
attualmente è in via di valutazione e che verrà nuovamente bocciato perché
lacunoso e mancante di documentazione essenziale. “La nostra opinione – dicono
i No-Tap – è che si stia cercando di ratificare un accordo al buio per
misteriosi vantaggi a favore non si sa bene di chi”.